sabato 8 maggio 2010

Ragazza minuta con casa in rosa

"Perché non ti fai vedere più? Ti avrò forse fatto qualcosa di brutto che non so? Tanto l'ho capito che tu non mi vuoi più, dico una così piccola e minuta, sempre addosso. Come vedi ho aspettato ancora un po' prima di ritornare, è solo che avevo visto un cappello da uomo, l'altro venerdì e non ho resistito e allora te l'ho preso, anche se l'ho tenuto nascosto in attesa che tu ti ritrovassi e poi anche un libro, quello che cercavi e che non trovavi, che forse nessuno lo ricorda quel titolo di quel poeta strano e anche straniero che invece ho ricordato solo io, perché  tu me lo leggevi sempre, soprattutto all'inizio, e anche al telefono ti piaceva leggermi quei pochi versi che ti eri copiato da qualche parte, e quando c'era solo il buio e tu li continuavi da solo e un po' inventati per me che mi commuovevo e dopo a casa dovevo nascondermi gli occhi con qualcosa, e poi ti ho preso anche delle scarpe nuove, sai, perché l'inverno qui da noi si scivola sempre un po' di più, perché piove forte e le pietre delle strade si fanno sdrucciole sdrucciole, ti ricordi come ci ridevi?, come le mie parole "piccole" che non so dire e che adesso non ho quasi più e la tua ombra più fonda negli occhi, come nella nostra foto, una delle ultime, quando mi hai chiamato "minutina"e da allora non l'ho più scordato, e aspetta, aspetta, guarda qui che ti ho preso, non ho resistito. Ero con Paolina, lei lo ha preso per suo marito e io non le ho detto niente di noi, solo che tu ci dovevi ancora pensare e che vuoi stare un po' per fatti tuoi, e così ho preso questo maglione: dicono che voi avete la stessa taglia e lei rideva a pensare che erano gli ultimi due rimasti, e che se si usciva tutti insieme capitava che ci vestiamo uguali per coppie, perché anche noi due abbiamo preso quelle giacche azzurre azzurre, come quando tu non avevi più ombre e ragazze laureate e sofisticate che ti prendevano e ti pigliavano, anche se dici che non si può dire, io lo voglio dire perché ti hanno pigliato e basta e io lo so dire solo così. E non ho ancora finito: guarda qui, quel film americano che io non riuscivo a pronunciare mai bene, che non conosco le lingue e tu ci ridevi e allora quando l'ho visto ci ho pensato, ho ripensato a te e così te l'ho preso, ma pensa...dovevo non vederti più e adesso mi sono caricata di tutte sciocchezze da rompermi le braccia e la busta. In fondo è stato l'unico metodo per tenerti più vicino, a comprarti qualcosa anche se forse non lo metterai mai con me, e anche se fosse, chi lo sa, se un giorno una di queste piccole cose ti potrà riportare alle mie piccole follie. Mi dicevi sempre che tra le cose che ti sarebbero mancate di più di me, c'era quel sorriso sempre tagliato a metà, come un pezzo mancante di luna, che non lo distendo mai troppo e forse hai proprio ragione, adesso ancora di meno di prima e poi lo dicevi quando non immaginavi di poter scappare all'improvviso e non salutarmi più. Guarda che io me ne sono accorta che tu mi hai evitato più di una volta, e più non mi guardavi e io più ti volevo bene, e allora ti compravo un regalo speciale, per brindare alla bellezza di questo dolore soltanto nostro, che forse non avremmo mai più incontrato così dolce. 
Io non butterei niente di te, nemmeno questa tua fuga: si dicono ancora tante cose in giro, ma io ricordo i tuoi bottoni sbagliati della camicia a righe bianche e rosse e allora ti perdono. Io quando penso alle cose buffe che abbiamo fatto e che abbiamo perduto insieme, allora ci rido forte di te e ti perdono lo stesso anche se mi hai fatto un po' male come dentro un brutto film e mi consolo, anche se le cose che fanno male le riesco a cambiare, con la pettinatura per esempio. Quando mi hanno detto che tu passavi da me, Domenica, se non sbaglio, tanto io non mi sbaglio mai, allora ho fatto questo carrè che tutti mi dicono che sia così indovinato e carino, ma loro non sanno che è venuto così perfetto perché ho saputo lo stesso giorno che forse avevi già cambiato idea e che non saresti rimasto mai più nel mio e nostro piccolo paese, quello che prima tanto amavi e allora ho preso a spettinarmi tutta e a ridere da sola, prima di arrivare, anche se mi lasciavi sempre la mano quando vedevi qualcuno dei tuoi amici di città e io abbassavo gli occhi e non dicevo niente e ti amavo lo stesso e poi a casa mi toglievo i guanti rossi e mi rapprendevo al naso dell'odore delle tue mani e di quel poco di così grande che mi hai concesso. Dicono che tu avevi vergogna di me e che adesso non avrai più questo problema. Forse sono arrivata in un momento sbagliato, comunque ti lascio la busta con tutte le mie cavolate infilate a casaccio, a proposito ci sono anche i calzini, quelli un po' più stretti che non pendono dai talloni quando metti le scarpe basse, e poi...adesso ho finito, non riesco a dirti più niente, che se avrai un angolino in una sera qualunque della tua vita, ti ricorderai di tutto quello che ho tentato di darti, forse sbagliando tutto, ma era tutto quello che avevo. Non avevo un'altra me da offrirti. Anche se lo so che qualcuna è stata più veloce di me, e forse è giusto così, ma, ti prego solo di una cosa, almeno questa: dì a tua sorella che nel caso decidesse davvero di partire anche lei, dopo il vostro matrimonio, che mi lasciasse almeno un recapito postale. Almeno i miei regalini speciali vorrei farli a lei, fa niente, cercherò di giocare su combinazioni assortite, tanto avrei sbagliato lo stesso taglia se non colore, quando faccio i regali alle persone che amo di più, che in fondo sei sempre tu e nessuno se ne accorgerà.
 Ecco, adesso è proprio tutto, o quasi. Non seguirmi, però, non accompagnarmi, che la conosco bene la strada e lo so che tu non mi tratterrai e che mi dirai che non ha senso che io mi faccia così male e poi a spendere ancora soldi a vuoto, ma almeno da lontano,  vorrei che almeno alzassi il braccio da quella stessa finestra, come quella prima sera che ci perdemmo come due scemi e non riuscivi più a vedermi sparire che mi trattenevi con la mano e io allora ritornavo indietro e prese anche a piovere e mi raffreddai tutta, proprio come stasera, che sembra un anniversario di schiocchezze e starnuti, eccone un altro! Mi basta solo quel gesto e poi ti giuro che me ne vado, e allora io a casa ci torno più serena e loro non si accorgono di niente. Adesso va bene così, spero solo di non inciampare nello stesso gradino, che ormai ci ho perso anche l'abitudine...".
Uscì lentamente dalla casa rosa e vuota e si voltò appena. Cominciava a piovere e i vetri di quella finestra erano scuri e cupi come non mai. Riflettevano il gonfiore e la turbolenza dei cieli, che volsero al nero più antico nel vizio di pochi attimi. Continuava ad andare Martina, ma poi ogni tanto si girava, quando a un tratto ebbe l'impressione di scorgere da quella stessa finestra, quello strano gesto di mano che la richiamava indietro. Strinse gli occhi, pensando di essersi sbagliata. Ma c'era qualcuno lì dentro...La mano si aprì e continuò a chiamarla, dal vetro appannato.
E lei che ci tornava quasi tutte le settimane a riempirla dei suoi inutili regali, che aveva anche le chiavi per chi la volesse fittare, ma non la voleva più nessuno, che non era nemmeno più agibile. Ma allora c'era davvero qualcuno?
Entrò e lo vide. Aprì gli occhi e la bocca per lo stupore:
"E invece sei stata più veloce tu...Io non volevo crederci che tu avessi continuato ad amarmi anche da bandito come sono stato, e allora ho deciso di nascondermi e fare la prova...la prova di quanto fosse grande il tuo amore e di come facessi a portartelo da sola, così minutina, con tutte quelle buste, che scemina...e ti sei anche raffreddata!"
I suoi occhi chiusi erano fermi allo stesso punto e sotto la pioggia, quando arrivò in tutta fretta Paolina.
"Che fai da sola ancora qui! Vieni via che piove, dove guardi ancora: laggiù? Ma allora è vero che ti sei proprio ammattita? Avanti, fila a casa, stupidina, che è già tardissimo e adesso sta venendo giù di brutto, non te ne accorgi? E l'ombrello, perché non lo hai portato l'ombrello?".
"Ero piena di buste e pacchetti, non ce la facevo a mantenerlo".
"Ma dico: senza l' ombrello? Che tipo strano che sei: sempre dentro quella casa, ma che diavolo ci vieni a fare ancora? Dopo tanti anni, avanti, cammina, dove guardi ancora adesso? Tuo marito starà già a gridare come un pazzo, che lo sai bene che a quest'ora ha fame e tu ti volti, ti volti sempre indietro. Beata chi ti capisce...".
A quel punto Martina dovette andare via con lei, e continuare la strada del suo affrettato ritorno, ma ogni tanto si girava lo stesso, e cercando quella stessa mano così sognata e sospesa, immaginandosi che la trattennesse a restare. Ancora.
l.s.
Foto di Daniela Fariello

0 commenti: