martedì 17 settembre 2013

Le preziose inutilità

Pensando:
che l'associazione lettura-utilità della lettura, pur se cruciale e forse anche inconfutabile, non la trovo congeniale per avvicinare qualcuno che sia ancora distante dal regno incantato del leggere, così come sarà molto difficile convincere un bambino dell'importanza del fattore crescita, riguardo l'alimentazione, nonostante la crescita sia un fattore auspicabile per la stessa prospettiva del bambino. Il diventare grande a tutti i costi può anche rivoltarsi contro i suoi programmi di rotta o di gioco o di totale anarchia da ogni sistema organizzato di condotta, per cui sarebbe più interessante verificare altri parametri di esplorazione in rapporto alla dimensione con i suoi "cibi" in senso lato, non limitandosi solo a quelli che gli faranno allungare le ossa e i tessuti, per dirla in soldoni.
Dunque:
quello che invece mi insospettisce, oggi, è questa dimensione del perseverare sul mito dell'utile, quindi del giusto strumento di suzione e di crescita, come fattore verticale esasperante, anche molto economico, che non è solo legato all'importanza del leggere ma anche a quello che sia doveroso leggere, a quello che sia importante leggere e a che cosa, tra le possibili letture, ti farà fare un balzo quantico prima degli altri, elemento performante e altezzoso, che si associa in diversi casi a quella sorta di decaloghi blindati e infarciti di verità posticce e senza fine, che indicano gli accessi della buona cultura come gli omini anonimi e ingessati nelle toilette di un centro commerciale.
Non posso sapere che cosa sarà davvero utile ed edificante per me, se non mi imbatto personalmente nell'assoluta e orgasmica inutilità di un apparato contrario e ammaliante, che a sua volta potrebbe essere ugualmente formativo, pur perseguendo la perversione di un condotto fognario e poco luminoso. Ma quanto può essere illuminante la predica e la direzione assoluta, la freccia che segna nel testo il fattore crescita, utilità e nessun altro? L'universalità e sacrosanta utilità del leggere, potrebbe essere infranta dalla prima pallonata che distoglie un ragazzo con un sorriso diverso, nelle prime ore silenziose del pomeriggio, di fronte a una pagina di Robert Louis Stevenson. Quando una pagina avrà la forza di allontanarmi da altro, di diventare l'elemento oscuro e trainante, iniziatico a un viaggio personale, inutile ma misterioso verso un personale "non dove", allora, forse, l'incontro con un libro potrebbe funzionare come qualcosa di efficace. L'utilità non lo trovo l'elemento trainante per convincere qualcuno a leggere. Non posso sapere cosa sia utile in assoluto per qualcuno. Non lo so ancora per me. Nemmeno ciò che sia davvero inutile: per mia fortuna, e in questo modo, tutto appare più fresco e intonso, non classificato.
Oppure, continuando, tra scrittori: leggere per poi scrivere meglio: chi non ha mai ascoltato un consiglio simile, e come contraddirlo? Intanto sfido un qualsiasi scrittore al mondo a trovare giovamento da una lettura e dallo sprofondarvi davvero dentro, se condizionato dal solo demone della sua svilente e assoluta utilità, per trovare la ricetta del buono, ottimo, superbo scrittore, quella certa ispirazione perduta, o brillio nella disperazione, misticismo, eleganza e affabulazione, come nella massa lavica di un ragù napoletano cotto dal sabato pomeriggio prima per la domenica: quel libro in quel momento lo hai già perso, sei già preso da te, dalla sua utilità ordinaria e non dalla profonda possibile voracità da lupo del ragazzo selvatico, che arranca a zampate verso un viaggio malinconico, violento e solitario, senza mete e sans papiers.
Il miglioramento di uno scrittore è un processo molto ampio e credo davvero poco prevedibile. Scrivere oggi è adombrare l'abisso della totale e spaventosa disattenzione a una propria ricerca intima, personale, dolorosa. Scrivere oggi vuol dire incalanarsi nelle regolette fittizie di poeti iniziati dalla loro filosofia di verità, che storcono il naso davanti a un decasillabo sdrucciolo (sempre quando non lo confondono con un endecasillabo, limitandosi a contare le sillabe e non la posizione dell' ultimo accento) ma nemmeno auspicano tentativi di disarcionarsi dalle regole: vogliono la loro verità poetica. Diceva Miller che una persona che abbia davvero del talento oggi non ha speranza. È condannato dal suo stesso talento. Aveva ragione, Miller. Ha ragione, Henry Miller, che diverse librerie ancora considerano uno scrittore di letteratura erotica senza rendersi conto che è stato uno dei più grandi scrittori al mondo, signori. E non scherzo.
Riprendendo la strada interrotta: potrei quindi aver letto anche diecimila libri, per la foga di rendermi utile a me stesso, e fare la decima parte di chi ne ha letti solo cento, ma per un particolare trasporto, che forse nemmeno si spiega ma che lo ha portato molto più lontano da sé di quanto non immaginasse...e quindi anche da me, chissà. (Ma certo che sì, niente chissà, sarà così). Oggi è fondamentale il profumo della propria cultura e non le vampate di naftalina del nozionismo.
La lettura sarà essenziale se accorpata a una dimensione superiore, di celebrazione della vita attraverso la scoperta o la scopata con un testo e non della sua mera utilità. Della sua bellezza, mistero, profondità. Forse, in certi casi, della sua assurda quanto preziosa inutilità.
Pensando.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' interessante ed utile leggere, a questo proposito, il decalogo dei diritti del lettore in "Come un romanzo". E tutto il libro parla di quanto sia facile, rendendo un'attività "obbligatoria" o comunque "edificante", trasformarla da piacevole a odiosa. In un racconto che ho editato recentemente viene posto il paragone tra le bietole e gli spinaci: in sintesi, a nessun bambino piacciono le prime, nonostante gli venga ripetuto in continuazione che "fanno bene", ma praticamente tutti mangiano gli spinaci (la cui differenza di gusto rispetto alle prime è minima) per via di Braccio di Ferro. Si tratta anche in questo caso di una scelta dettata da "utilità", ma è un'utilità che effettivamente il bambino percepisce come tale (diventare forte come) e non un'imposizione "perché è giusto/bello/vero/utile/così".
Francesco Vico, Matisklo Edizioni

luigi ha detto...

Salve, e grazie della visita.
Bellissima e opportuna l'evocazione da Pennac e molto interessante quella del racconto editato da te e vedo opportunamente inserita: credo, che colga in pieno lo spirito del post.
Un saluto cordiale
luigi salerno