venerdì 5 ottobre 2012

La crucifixion en rose di Miller, edizioni Buchet /Chastel




Letto e riletto, in due diverse edizioni italiane, "l'opulente" e  vertiginosa (tripartita) Crucifixion en rose, di Henry Miller, non potevo lasciarmi sfuggire questa magnifica edizione francese del 1968 Buchet/ Chastel, con traduzione dall'americano di Georges Belmont. Il volume comprende la parte I, Sexus, creatura ciclopica, (666 pagine!), mutante, poliedrica, di cui è stato detto di tutto e di più, da tante angolazioni diverse: 
"Une ouvre qui déborde d'emblée la littérature", così Maurice Nadeau, mentre André Rousseaux, da le Figaro Littéraire: "Une des plus opulentes créations de la littérature contemporaine..." 
Scritta con la penna di un martello: una piacevole scorsa, molto suggestiva, nel labirinto milleriano, ma con un testo francese di fronte, il profumo cambia, è molto vicino a certe atmosfere del Tropico del Cancro, forse per un certo suono, certi odori e aromi intensi e lussuruosi del linguaggio, dei suoi tempi, delle grandi colate laviche di vita e di sogno, che caratterizzano la forza anarchica della sua scrittura, della sua morbida zampata spiazzante. 
Prendiamo l'incipit, per esempio, giusto un assaggio, per la sua fragranza e generosità:
"Ce doit être un jeudi soir que je la rencontrai pour la première fois – au dancing".
Che spettacolo questo dancing, un tocco notturno, lascivo, oggi appena decadente, (non sento quasi più parlare di dancing)  au dancing, (si avverte il fruscio delle vesti nel buio, la smagliatura di un collant), che nella versione italiana dovrebbe corrispondere alla sala da ballo, forse anche qui appena crepuscolare, non quanto i salottini domestici gialli e tristi  dello Spleen di Corazzini, ma quelle sono tristezze incantevoli e private; quelle di Miller cosparse dei languori dei locali pubblici fumanti di sesso,  ma che nel primo rigo della versione francese creano un'atmosfera ancora molto swingante, di albe e di occhi cisposi e di lune enormi e bagnate, abbandonate come cose morte o panni sporchi sui tetti. E poco più avanti:
"La journée passa comme un rêve", il flusso sonoro è tipicamente milleriano, di colpo di un'intimità più spirituale e sospesa, il gioco  mirabile dei contrasti molteplici, dell'armonia degli opposti in pieno attacco di incipit, per poi ritornarvi di nuovo:
Je me mets à vivre quand les autres tombent de fatigue comme des mouches...
Mi ha sopreso divertirmi a controllare il suono di alcuni pezzi sparsi del romanzo, ascoltarmi e sentire l'acqua o il fango della storia che scorre in modo diverso, con le sue mosche verdi che brillano come gioielli nella notte. Con la stravaganza e l'immaginazione, e – così, come diceva Robert Kemp: con quella sua verve hiperrabelaissienne, che trovo sempre più inconfondibile e naturale, appagante per la gioia di questo atipico processo di saggezza e scrittura: felicemente e tragicamente milleriana. Soltanto sua.

0 commenti: