giovedì 22 marzo 2012

Considerazioni e convenzioni

Per convenzione si consigliano le cose utili. La lettura, per esempio, è consigliata come farmaco dello spirito e della mente, sollievo di afflizioni e solitudini, ma inserita sempre in un contesto di utilità, quindi di ricavo, spirituale o materiale che sia, di una certa dose di crediti referenziali verso il proprio infinito creativo e formativo. E fino a questo ci siamo, o quasi, direi. Ma spesso questo atteggiamento si avvicina molto al consigliare all'amico appassionato di studiare meglio la genealogia dei cavalli da corsa,  la loro forma, il terreno, il cognome del driver, la stessa strategia per ottimizzare un risultato da perseguire. Luogo comune per chi scrive, poi, leggere molto per scrivere meglio di chi legge meno, o legge altro, o legge male.
Da questo punto, allora, sento parlare così tanto di parola scritta e avverto la distanza con il sollievo di imbarcarmi, invece, in un'attività che non abbia forma, vantaggi, indicazioni e controindicazioni, ma soltanto la purezza della sua apparizione, l'inutilità o la possibilità di un incontro che potrebbe essere tutto e il contrario di tutto. Perché leggere, per me, non è un'attività finalizzata, ma una forma segreta e religiosa di abbandono. L'ho scoperta da questo lato, ignorando quello che mi possa portare di buono o di cattivo. Nulla oltre la bellezza e il piacere, quindi l'inutilità, quanto meno nell'immediato. Non credo che si possa trarre profitto sezionando in continuazione quello che si legge. Investigando, spulciando, cercando angolazioni inesplorate, nuovi orizzonti, ma anche incongruenze, pieghe, difetti, contraddizioni, apparizioni, visioni, violazioni. E ancora: distinguendo le persone in base a quello che hanno letto, che non riescono o che non vogliono leggere, che non leggeranno mai. Uno dei più grandi orrori che ammanta la personalità di alcune figure, anche molto giovani, appassionate di libri e anche di scrittura, è quella temibile tendenza a pontificare, a sentenziare, correggere, indicare col proprio dito senza ancora guardare una linea del tuo sguardo.  Essendo così sicuri che la tua ricerca sia proprio quella di cui accennano, che la strada è solo una, quella già perseguita da loro. Quegli orrori che molto difficilmente incontro nel contadino, nell'oste, nell'artigiano, nell'appassionato di cani, di uccelli o di donne. In queste figure più oscure e anarchiche, quello che viene a mancare è la convenzione, e quindi prevale la speranza, l'erotismo dell'esperienza, dell'invenzione, il divertimento, la logica dell'assurdo e quindi il desiderio di essere parte di un flusso informe e più fresco, senza troppe regole, resoconti, prescrizioni letterarie da farmacia. Senza considerare una sola verità, ma la purezza di un'attività ludica inutile, di cui si potrebbe anche fare a meno. 
Alcune figure nella mia vita, sono quindi più aperte e comunicative, parlando di cose spicciole e  semplici, quando lasciano affiorare dentro di me il desiderio dell'inutile, che è quello che dovrebbe ammantare tutte le attività che non sono ancora regolate da un preciso movente o direzione predefinita. Se dovessi leggere per una finalità precisa, non riuscirei a superare il polso di un paragrafo. Mi piace invece la libertà di cercare nei libri un fattore di intimità con la mia capacità di ascolto, di formazione, ma non prestabilita da una norma, da un'assoluta necessità, da un vincolo. È solo grazie a questo spirito che mi sono avvicinato ai libri, divorandoli con fame, mai per dovere o per un utilizzo chiaro e consapevole del grano macinato tra le pagine. Nessuno potrà conoscere a fondo la mia necessità, così come non potrà stabilire quante maglie dovrò mettere sotto una giacca in un pomeriggio d'inverno. Sarà la mia sensazione a farmi strada, a farmi sbagliare, inciampare, rialzarmi. Non credo che avrò mai la certezza di assorbire un testo se comincerò a pensarlo, e quindi a leggerlo, con i pensieri e con gli occhi degli altri, anche degli altri che stimo, che ammiro e che considero eccellenti nel loro ramo. Anche se di solito le persone eccellenti nel loro ramo, è molto difficile che ti dicano cosa sia giusto o ingiusto fare, che cosa vada assolutamente letto o fatto, e andando ancora più in fondo, come andrebbe sistemato quel certo paragrafo, o ritratto quel certo personaggio. Riguardo questa particolare interferenza con l'attività creativa, io seguo una regola molto semplice: ascolto i consigli di tutti, degli esperti, dei meno esperti, a tutti i livelli. Sono curioso di percepire quello che è arrivato o che non è arrivato. Ma non appena qualcuno mi dice come avrei dovuto fare, o come avrebbe fatto lui al posto mio, e quindi quando non ci si limita alla forma ma a farmi cambiare le note del testo, della sua melodia, allora: rock'n roll! Non è una forma di presunzione, ma di assunzione di una certa linea di pensiero, che ciascuno dovrebbe mantenere, quel minimo di aderenza a un proprio mood o idea letteraria, che piaccia o meno, che convenga o meno, questo non conta. È il canto, anche se stonato, della propria razza pura, meticcia o cattivo incrocio che sia.
Ho bisogno di scoprire, invece, e ritornando al piacere del testo, il lato inutile e assurdo di un incontro letterario non programmato né santificato come elemento supremo; anteponendo così, a qualsiasi altro influsso, la sensibilità stordita e confusa della mia primitiva esperienza.

2 commenti:

giulia madonna ha detto...

Condivido pienamente con il tuo pensiero. Leggo non per imparare e prendere ma per perdermici dentro e fra le parole, per lasciarmi andare all'abbraccio caldo dell'empatia che si crea inconsapevole ed eterea,poi quando le pagine sono terminate mi stanno ancora addosso e mi accompagnano silenziose ma presenti.

luigi ha detto...

Sì, è una presenza costante, che si rinnova nel tempo, per ognuno in modo diverso.
Grazie della visita.
l.s.