sabato 24 settembre 2016

Riflessioni sparse sul senso della pubblicazione, dell'autopubblicazione e della non pubblicazione. (Parte IV)





Le reazioni all'ostacolo di esprimersi come si vorrebbe, aprono davvero un mondo variegato e complesso di comportamenti e di situazioni. Un mondo personale per ciascuna individualità creativa che abbia investito in emozioni, fatica e in tanto altro nell'immergersi in una sua opera letteraria e che poi si è vista respinta. Sentendosi respinta come persona, perché assolutamente interconnessa con quello che riteneva prezioso e indispensabile da condividere del suo talento o della sua idea di talento, espresso nell'oggetto vivo e ancora caldo delle sue attenzioni creative.  E quindi, sentendosi esclusa da quelle precise modalità di condivisione del frutto, che aveva scelto e agognato perché avvertite profondamente vere e quindi realizzabili per il suo scopo di dare senso al suo seme: quelle che in quel momento sentiva appropriate al suo spessore e a quello della sua opera. Un necessario attestato che quella pubblicazione avrebbe dato alla sua persona attraverso la sua opera, fattore indispensabile per portare a compimento il circolo naturale della sua vocazione o chiamata alle armi dello scrivere.
Quindi:
il primo aspetto da considerare è che diversi scrittori, almeno fino a un po' di tempo fa, ma alcuni ancora adesso, sono vincolati a questa idea molto romantica della massima qualità dei loro spazi di espressioni, considerandoli carne viva e imprescindibile dalla loro espressione: credendo, in diversi casi, che il pubblicare una propria opera in un certo modo, in quello che è universalmente considerato il migliore dei modi, debba necessariamente attestare e suggellare loro un certo grado autorevole di riconoscimento, ma soprattutto uno stacco netto di distinzione dagli altri scrittori, che lo eleggano in automatico superiore e non più persona comune. Per cui il valore della loro opera non sarà meno importante del grado esteriore di attestazione che le verrà riconosciuta. 
Ora, dedicandoci ancora al nostro scrittore Mr. X: "Più forte e importante sarà il luogo nel quale condividerò la mia scrittura, più distanze ci saranno con tutti gli altri, con tutti i tantissimi poveri altri, inferiori a me,  con i quali non potrò mai correre il rischio di immischiarmi e di confondermi, perché siamo fatti di una pasta molto diversa. Non potremmo mai condividere le stesse attestazioni e d'altra parte io, scrittore X, non potrò esserne privo di queste attestazioni, quanto invece ne sono privi loro. Dal momento che mi sento nel profondo uno scrittore di razza e quindi sarà giusto che i miei scritti rientrino in una scuderia che contempli scrittori di razza e che mi distingua dalla massa di tutti quelli con un sangue letterario scadente, che arrancano, si adattano, si accontentano! D'altra parte cosa mai potrebbero fare!". Tutto qui. Per cui sarà importante che lo scrittore X in questione, cominci a contemplare una serie di requisiti fondamentali e indispensabili perché la sua persona e la sua opera, rientrino assolutamente in questi ranghi poco abbordabili: ambienti elettivi e quindi selettivi che abbiano scelto di dare spazio alla sua voce, e non a tutte le altre e che giustifichino, con i loro apparati e la loro impostazione, il valore assoluto dell'opera e le distanze di sicurezza dagli altri, sempre più ampie!".
Per cui:
1) Il suo libro dovrebbe necessariamente essere disponibile nel formato cartaceo. Tutti i grandi scrittori che si rispettino, quelli di serie A, sono distribuiti in formato cartaceo. È molto raro, se non impossibile, che uno scrittore di razza pura,  uno che si rispetti, come il nostro signor scrittore X, renda un suo libro disponibile solo in formato digitale. Semmai renderà disponibile anche quest'opzione del digitale, questo sì, ma il suo percorso sarà fatto in primis di carta. Sarà orientato sul cartaceo. E lo scrittore X allora si dirà: "La scrittura nasce sulla carta e deve continuare a vivere sulla carta. Quanto meno quella dei grandi, dei grandi come me, scrittura che deve vivere e sopravvivere in edizioni cartacee! Assolutamente. Non capisco per quale motivo mi dovrei accontentare di situazioni diverse, di certe miserie che sono alla portata di tutti, che di certo non mi distinguerebbero come scrittore puro, di razza. Se voglio davvero distinguermi dalla massa degli scrittoruncoli e scribacchini, dovrò fare le cose in un certo modo, le cose come si deve. Carta, carta di qualità, naturalmente. Ma tassativamente carta! Un vero libro è fatto di carta. Dei suoi profumi, delle tracce del tempo, del fascino che fa il fruscio, quando lo sfogli in solitudine, durante il silenzio del pomeriggio ed è in quello sfogliare una pagina, in quel silenzio, che la voce dello scrittore di razza si fa più intensa e ti entra dentro, nel profondo e poi ti porta lontano". Anche lo scrittore X vuole espandere il suo canto di razza attraverso il fruscio delle pagine, in un pomeriggio silenzioso. E tutto questo gli sarà possibile solo con un'edizione rigorosamente cartacea. Non c'è che dire. Fino a questo punto il suo discorso non farebbe una piega! Andiamo oltre, intanto. Al punto 2 delle condizioni ideali per la sua pubblicazione e attestazione del suo livello:

2) Lo scrittore X, per fare giustizia allo spessore della sua opera e quindi del suo valore come artefice di quest'opera,  vorrebbe che la carta pregiata con il suo lavoro fosse inserita in una linea editoriale di un certo spessore e prestigio, con una storia editoriale di rilievo e con dei compagni di viaggio importanti, che facciano rumore al solo sentirli nominare, in modo da contribuire a dare risonanza e peso alla sua comparsa e quindi al suo nome e alla sua opera. La figura dello scrittore X continuerebbe in questo modo il suo viaggio astrale verso l'Olimpo dei grandi, staccando ancora di più le distanze con i poveri comuni mortali che lo credono ancora uno di loro, – senza sapere e aver compreso ancora chi davvero sia, quanto vale e dove arriverà e chi siano adesso i suoi nuovi compagni di classe. Eliminando sempre di più l'equivoco che il suo sia un talento comune, con uno scritto comune, con un'edizione comune, quindi misera, di serie C e di conseguenza con compagni di scuderia comuni. Nulla di tutto questo, signori. Lo scenario sarà del tutto diverso, invece, del tutto inequivocabile, si dirà lo scrittore X, immaginando già la loro faccia, quella degli scrittori comuni mortali, quelli del ghetto, per intenderci, quando vedranno nel catalogo il titolo del suo scritto, scrittore X dell'opera X, accanto al titolo dello scrittore Z, dell'opera Z. Nuovo elemento di attestazione, folgorante se i nomi saranno folgoranti, naturalmente. I poveri scrittoruncoli non crederanno ai loro occhi e lui intanto sarà stabilizzato nel suo valore, con l'adeguata attestazione che renderà inattacabile il grado e lo spessore artistico e culturale raggiunto attraverso la sua opera e il suo genio. Ancora tutto in ordine, a quanto pare, nel ragionamento lucido dello scrittoreX! Passiamo ai punti o requisiti successivi indispensabili:

3) Sarà fondamentale una copertina curatissima, mozzafiato. Con una grafica ultraprofessionale;  con i caratteri del nome del signor X molto grandi, centrati, ad attestare l'importanza del nome, del suo suono, del suo magnetismo. Del suo spessore.

4) Pretenderà inoltre una grossa distribuzione, qualcosa di capillare. Il libro del signor X deve essere reperibile dovunque. Nelle più grandi librerie, in quantita industriali, per sopperire alle innumerevoli richieste, dalle grandi città al piccolo paesino di montagna.

5) Ancora lo scrittore X:" Un editing con i fiocchi. Tutto dovrà essere curato a livello maniacale. Ma dagli addetti ai lavori. Come accade con gli scrittori veri, ma adesso anche io sono uno scrittore vero! Curato dai professionisti del settore, che saranno al mio servizio. Io aspetto che loro finiscano, per poi godermi lo spettacolo della mia opera! Più avanti poi si parlerà di traduzioni, naturalmente. Per ora c'è tempo".

Ecco, orientatvamente, in questa fase molto delicata e singolare dello scrittore X, (anche se con le dovute e iperboliche accentuazioni del caso), dentro il suo animo e dentro la sua testa le cose starebbero più o meno così. Attestazioni, riconoscimento di un valore, che siano valori di per sé e che di per sé vivano di una loro autonomia e indipendenza dal valore intrinseco eventuale dello scritto e della sua poetica – senza ancora maturare il pensiero che questi fattori dovrebbero essere una conseguenza di un riscontro dell'opera e della sua eventuale qualità letteraria, e di una serie di caratteristiche che le attestino prima di tutto, nel silenzio e nell'ombra delle quinte, un valore persuasivo, una sua forza e autenticità, dopo un lungo vaglio e anche una lunga attesa, probabilmente.
Se gli elementi di questo cristallo, che lo scrittore X matura in una sua lenta incubazione onirica, vengono normalmente meno, – di solito quasi tutti, simultaneamente – allora lo stesso scrittore piomberà da una fase delirante di entusiasmo, in una crisi profonda, dove gli obiettivi del suo odio di solito trovano due linee piuttosto precise:
1) "Sono un genio incompreso. Ho subìto una grande ingiustizia. La mia esclusione è un'enormità! Quello che è successo è terrificante! Sono degli incompetenti". In questo primo punto includiamo anche gli improperii contro tutti gli scrittori, quelli che già X aveva immaginato compagni razzatori di scuderia attraverso i quali inorgoglirsi, ma che invece, ora che vi sono  rientrati senza di lui, allora l'odio e la rabbia dilagano anche contro di loro e nello stesso modo dilaga il vittimismo.

2) Oppure, in un secondo caso, il nostro signor X potrebbe reagire così:"
"Allora forse sono io che non funziono? Possibile che davvero abbia sbagliato tutto? Non so scrivere come gli altri, forse? O saranno gli altri a essere soltanto più fortunati di me!  Ma, a questo punto, io non sono ancora uno scrittore di razza! O forse non sono nemmeno uno scrittore comune? Altrimenti non avrebbero avuto dubbi! Ma come è possibile che con quello che ho scritto sia rimasto fuori, senza ottenere nessuna attestazione importante dei miei meriti? Gli altri invece ce l'hanno fatta. Ora hanno l'attestazione giusta per distanziarsi dal ghetto degli scrittori comuni. L'ultima cosa che vorrei essere è uno scrittore comune. Uno del ghetto! Allora sarà forse colpa della mia scrittura? Nemmeno lei sarà di razza se non è di razza lo scrittore?" E anche in questo secondo punto possiamo includere una serie di fasi complesse, nelle quali in queste elucubrazioni e vacillamenti si paventa anche il fatto di aver trattato un genere in modo troppo contorto o superiore al livello del pubblico, a livello stilistico, per esempio, o forse che il genere di quell'opera non vada più di moda e non sia adatto per accedere a quei circuiti letterari che lo scrittore X riconosce come compatibili per soddisfare le sue forme di appagamento e la sua dignità di artista e di persona. In quella situazione, dopo lo sconforto profondo dei primi giorni, o anche mesi, poi il nostro X si rimbocca le maniche, sperando che cambiando musica o canzone anche le possibilità del suo ingresso nell'Oilmpo diventino più probabili. Scrivendo quindi, non più cose che sente dentro, non quelle che rappresentano l'autenticità e la natura espressiva dello scrittore X, ma quelle che lui crede o che immagina compatibili e appetibili per quel mercato di attestazioni di valore che gli è stato negato e al quale ancora lo scrittore ambisce. È come dire: adesso sarò io a muovere un passo verso il mercato. E vedremo se sarà come credete! In questa fiammata rincuorante, lo scrittore X si consola cercando di seguire le orme degli eletti, di coloro che hanno ricevuto gli attestati importanti, con una pubblicazione importante. E disperde le sue energie nel trovare quei contenuti, che rivelino lo stesso magnetismo e la stessa forza persuasiva degli scrittori eletti, quelli di razza presenti nella scuderia e non certo quelli del ghetto, per imparare a rientrare nei canoni giusti, allontanandosi dalla sua voce naturale, dalla sua unicità. Cercando di ottenere la chiave magica. 
In questi due punti, con le loro diramazioni, si consuma la dannazione dello scrittore X. I suoi orizzonti, i suoi interessi, tutta la sua ricerca, non sarà orientata all'interno del suo mondo espressivo, emozionale e spirituale con il quale mettere in gioco e maturare i suoi strumenti nella costruzione di un progetto originale, come faceva perdendosi nella sua officina incantata! Nulla di tutto questo! Dopo lo sconforto per il rifiuto, ora prevale solo la ricerca assatanata e strategica per ricevere quell'attestato di pubblicazione e di ingresso in un regno inattaccabile e prestigioso che gli è stato ingiustamente negato. Tutte le energie saranno profuse in quella direzione, l'unica perseguibile. Ora non ci sarà altro da fare, ormai! È l'unica strada da seguire. Il tempo stringe.
E dato che il tempo stringe anche per me, a questo punto mi fermo.
Un saluto e alla prossima.








2 commenti:

Marco Freccero ha detto...

In parte ho vissuto questo modo di pensare che illustri in questo post.
Credo che il giusto modo di affrontare la faccenda sia quello di ritenersi (e a volte si è) degli artigiani. Se poi si è anche dell'altro, bene, ma dopo.
Uno scrittore che amo molto e che in Italia è sconosciuto, George Mackay Brown, diceva che non c'era differenza tra chi scrive, e appunto un artigiano. E aggiungeva di non essere preoccupato dei posteri: gli bastava aver fatto buon uso del talento ricevuto. Credo che sia questo il modo giusto di affrontare la scrittura, ma ci vuole tempo, per arrivarci. Bisogna passare attraverso delusioni e disperazioni...

luigi ha detto...

Ciao, Marco.
Interessante il discorso dell'artigianato, che mi attira moltissimo e che sento molto.
Dunque, in questa scorsa sto cercando soprattutto, anche con delle lievi esagerazioni, di cominciare ad abbattere le varie componenti pregiudiziali che portano a verificare il valore di uno scrittore da elementi e circostanze esteriori che non hanno nulla a che vedere con il suo talento o quanto meno con il senso della sua espressione. Molte persone decidono come scrivi senza leggerti, ma in base ai luoghi che frequenti attraverso il tuo percorso, senza dedicarsi alla tua voce ma al diffusore dal quale la tua voce in quel momento passa. Dividendo in questo modo le persone che scrivono (non parlo ancora di scrittori) in compartimenti stagni , non tanto per come scrivono, ma per quali sono le loro dinamiche, il prestigio degli spazi occupati,(quindi in linea a come e dove pubblicano) spesso ghetizzando degli scrittori dal talento raffinatissimo e spiccato solo perché si sono discostati da una certa prassi seguita e perseguita dai pochi eletti, che è poi avvertita unica garanzia di valore per un'artista.
In uno scrittore esistono diverse fasi in un percorso, dove alcuni elementi si avvertono prioritari rispetto ad altri. In molti casi non vi è ancora consapevolezza della propria voce e nemmeno quel minimo di progettualità necessaria a sviluppare un percorso, a confrontarsi, a conoscersi. Si tende troppo spesso a valorizzare il prestigio che potrebbe comportare questa attività o a lamentarsi se questo non avviene ( è rarissimo che questo avvenga, di questi tempi) discostandosi dall'intimità e dalla magia della propria bottega.
Grazie della visita e in gamba per la tua scrittura!