giovedì 26 marzo 2015

Quel mio sconcerto


La tensione di una voce, nel tentativo di esprimersi, spesso deve attraversare varie strade, più o meno lunghe, tortuose, sdrucciolevoli. Potrebbe darsi che nessuna di queste strade porterà a nulla o che la strada che sembra giusta e la più luminosa sbocchi di colpo in un dirupo, e ce ne si accorge quando si è già caduti in picchiata e non si ha nemmeno più la forza di gridare per lo spavento. 
Non credo che nessun percorso possa prevedere in largo anticipo quello che accadrà. I dirupi più oscuri come le piane soleggiate, quanto gli incantevoli pascoli del cielo di Steinbeck, non saranno mai troppo definiti da una certa distanza. Quello che conta è una certa onestà di fondo, a mio parere essenziale. Quella forma di onestà intellettuale, attraverso la quale un artista cerca di delineare un suo disegno, una sua possibile trama, al di là di quelli che sono i disegni e le trame vigenti, approvate e appropriate per un certo regime, in cui non conti la profondità o la validità dell'espressione, ma esclusivamente la fattezza di un prodotto, di un bene di  consumo, che intrattenga nel migliore dei modi tutti quelli che vi si imbattono, li diverta, li vizi, li distenda, semmai li faccia anche crescere quel tantino, ma non è questo il punto. (Inutile dire che la letteratura non c'entri poi così tanto con il mero intrattenimento o comunque non è quella la sua funzione fondamentale, quanto quella di un nutrimento e di un arricchimento della mente e dello spirito molto più ampi e profondi del passare il tempo, secondo me. Allo stesso modo che mangiando arachidi e patatine da mane a sera, per solo gusto, non posso certo dire di nutrirmi). D'altra parte ci sono le regole del mercato, quelle che funzionano e alle quali chi produce, investe o distribuisce deve tenere conto. E questo fa parte del gioco, naturalmente. Non è qui il guasto o quanto meno la ragione del mio sconcerto.
Lo sconcerto è invece quello di veder confondere, da più fronti e in diversi o più casi, la cattiva mano dell'"artista", o eventuale aspirante tale, col fatto che la sua onestà di fondo non sia sempre compatibile con quelle che sono le trame e i disegni vigenti appropriati e approvati, proprio in relazione a quel certo regime a cui accennavo prima. Il regime di chi compra un libro per ritrovarvi sempre lo stesso aroma, lo stesso effetto di tutti gli altri libri che lo hanno destato, intrattenuto, rilassato, commosso, divertito. Confondendo come cattivo e non solo "inefficace" quello scrittore che non rientri nei ranghi di un certo prodotto preconfigurato e preconfezionato, fingendo o forse credendo di parlare di letteratura quando invece non sta parlando altro che di standard, ossia di marchi, come di aromi di biscotti, di caramelle, di dentrifici:  questo è in fondo il mio più grande sconcerto. Quello che avverto molto diffuso da alcuni intellettuali, e non solo da distributori, editori, etc... Credo che le cose vadano sempre chiamate col proprio nome,  stando attenti a non confondere mancanza di strategia con mancanza di talento, o al limite identificare nel talento quelle zone d'ombra che potrebbero configurarsi o consolidarsi verso una certa migliore flessibilità, ma non bollarle in anticipo o dopo qualche pagina, solo perché hanno un loro taglio personale, non assimilabile a quelli che funzionano in ragione di uno standard. 
In realtà non parlo più per me, dal momento che ho un mio percorso particolare, personale e disincantato, che proseguo e continuo a vivermi con amore e con gioia, senza assolutamente pentirmi delle mie scelte e dei miei passi, né sperando né disperando, ma cercando di vivermi la suggestione e le luci del viaggio con impegno e con il massimo delle mie possibilità. Ormai tutte le mie scelte fanno parte di me, di quello che sono, di quello che mi è successo, come di quello che non è più stato. Mi preoccupa solo la nebbia che avvolge le cose di cui si discute, soprattutto da parte di quelli che dovrebbero privilegiare quel lato più puro e incontaminato e non lo fanno. Per il fatto di confondere di continuo il valore interno di una certa opera esclusivamente con il suo potere di mercato e di intrattenimento, con la forma e la viscosità della sua esca. 
Ecco dove comincia quel mio sconcerto. 












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