venerdì 22 maggio 2015

Mio amato Burgess





Ero in una sala d'attesa, ieri pomeriggio, quando ho cominciato a leggere la prefazione di John Wilson al romanzo "La fine della storia" di Anthony Burgess, autore poliedrico e potente, da me davvero molto amato, fin da  ragazzo, quando mio padre, un'estate, me lo fece scoprire. Vedi un mio articolo su "Trilogia malese" da questo stesso blog.
Tornando alla prefazione di Wilson, – datata 1985 – fin dalle prime righe l'ho trovata davvero succulenta e appagante, una sorta di luccicante pozzanghera dove poter schizzare a mio piacimento e su commissione un pensiero moderno e attuale, così  in linea con il mio malcontento perenne dell'aria che tira, sempre così ortodossa e poco rasserenante. Tra l'altro questa prefazione rappresenta un ingresso davvero trionfale a un lavoro che spazia tra Freud, Trotsky e la minaccia di un asteroide. Cosa vorremmo di più – parlo in primo luogo ai ragionieri della giusta letteratura, attenti che tutto sia al proprio posto, al posticino perfetto delle cose già dette, già scritte, già fatte e funzionali. Ragioneria della trama, del tema, della sinossi, delle regole d'oro dell'intrattenimento, della letteratura "televisiva", che deve far voltare pagina ma non far cambiare mai volume o canale, e di tutto il misero mostruoso resto. Leggere per intrattenere, soprattutto, in una sorta di cartoon per adulti indisciplinati, un po' come succede con i bambini.
Dunque, ritorno in me a questo stralcio originale e prezioso di prefazione di Wilson, tra l'altro grande amico di Burgess (Cosa c'è di più bello che un vero, vecchio amico ti si immoli per la prefazione di un romanzo? Cosa di più suggestivo e sincero?)
Quindi, e tagliando corto:

"L'autore del presente libro, deluso dai magri compensi della letteratura, cambiò vita e nome e sparì tra  le file dei lavoratori disoccupati per porre fine al travaglio del pensiero. A me, il suo più vecchio amico, aveva affidato alcuni manoscritti concedendomi il diritto di pubblicarli, se lo volevo, a mio malcerto utile. L'opera risulta composta di tre esercizi di forme non-letterarie distinti tra loro: biografia televisiva, narrazione fantascientifica e commedia musicale americana del tipo di My Fair Lady e West Side Story, liberamente mescolati e materialmente contenuti in un sacco di plastica dell'UPIM. Un esame più minuzioso sembra tuttavia rivelare unità d'intento...".


2 commenti:

Eletta Senso ha detto...

Sei proprio arrabbiato per come funziona il mondo della letteratura ( con la L minuscola ) oggi... Si intravvede la furia che scompiglia le tue brevi note nostalgiche.
Così va oggi: sottostare agli imperativi e all'imperatore, al rullo compressore di Twitter e Swiffer.
Non conosco l'autore che citi, lo andrò a cercare
Ciao
Ele

luigi ha detto...

Ciao, Eletta.
Non proprio arrabbiato, forse appena un po' titanico su quel certo modo di pensare che avverto piuttosto approssimativo, quando si ragiona troppo sui dettagli e ci si lascia sfuggire l'ìnsieme, con tutte le sue luci. E allora schizzo qualche mio pensiero da una pozzanghera, tutto qui: magra consolazione, in memoria di Burgess, che intanto lasciava una sua opera in una busta dell'Upim.
Un saluto e un grazie della visita.
l.s.