mercoledì 17 settembre 2014

Kerouac e il tornado falciante:




La sensazione di falciare a vuoto e a manca, dentro il pieno di un tornado, è una delle più forti e presenti che mi ha avvinto al lungo flusso scrosciante e limpido del capolavoro di Jack Kerouac: "On the road". Un vero e proprio flusso insaziabile e sferragliante, che ricorda gli scrosci più tipici  e parkeriani del bebop. In effetti il ritmo di questo bellissimo romanzo impressiona per quanto sia vorace e tagliente, come lo squarcio di un sax tenore slanciato in piena notte fino alle prime luci dell'alba, allo stesso modo della grande Cadillac dell'autista di colore, piombata e frenata davanti al Jamson's Nook, come un proiettile d'argento. 
Ci sarebbe tanto da scrivere o da tacere di questo tornado falciante che è questo libro. Ciascuno ne esploda a suo modo, ne patisca il mistero di bellezza e di eternità, di straordinario indimenticabile dolore/colore nuovo, dallo smalto sempre nitido e scintillante, nonostante il passare del tempo. Un tornado che è allo stesso tempo un testamento di un'epoca, di un mood, di una condizione tragica ma profonda e inguaribile di libertà in controluce, e di quella suggestione dell'essere impigliata in un vorticoso divenire, convalescente e mistico, quanto unico al mondo per la sua geniale autenticità.



C'è un punto particolare, tra tanti, che ho avvertito spiccatamente emblematico e rappresentativo di questo stato feroce e profondo di grazia, che artiglia quest'ansia inguaribile di vita di Dean e di Sal Paradiso, fino allo stremo della loro falciante febbre di fuoco e di fango, di spericolata e indispensabile combustione che è la loro traccia di benzina azzurra sul territorio, ma nello stesso tempo anche la loro linea d'ombra.
Eccolo:
Dissi a Dean che quando ero bambino e viaggiavo in automobile ero solito immaginare di tenere in mano una grossa falce e di abbattere con essa tutti gli alberi e i pali e persino di affettare ogni collina che sfrecciava accanto al finestrino. "Sì, sì", gridò Dean. "Lo facevo anch'io solo che io usavo falci diverse...ti dico perché. Andando in macchina attraverso il West per lunghi percorsi la mia falce doveva essere infinitamente più lunga e doveva curvarsi fin oltre le montagne lontane, per reciderne la cima, e raggiungere un altro livello per arrivare a montagne più lontane ancora e nello stesso tempo decapitare ogni palo lungo la strada, veri e propri pali pulsanti. Per questa ragione".

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