mercoledì 9 ottobre 2013

Considerazioni corsare su "Fatti corsari"


Ho incontrato Stefano Petti e Alberto Testone quest'estate, a Roma, in occasione di un mio lavoro al quale hanno preso entrambi parte. Avevo già visto e approfondito "Fatti corsari", questo documento splendidamente tenace e coraggioso, frutto di una loro riuscita e ispirata collaborazione; eppure avvertivo che quel lavoro continuava a brillare dentro gli occhi di entrambi,  a rimanere vivo durante ogni istante del nostro incontro, come un profumo di mosto, una cicatrice da vecchio rasoio.
La sensazione di sentire ancora percettibile la loro opera legata alla loro persona, è stata molto forte, fin dai primi momenti di contatto. Il personaggio – persona di Alberto Testone, così come la direzione e la filosofia fotografica di Stefano Petti, si sono accorpati in una dimensione altra, molto intima e nutriente, dove avevo la sensazione di stringere la mano al sentimento e alla magia di un film attraverso le loro personalità e non solo a due artisti che quel film lo avevano soltanto fatto. Alberto e Stefano quel mattino erano il film "Fatti corsari". Chi davvero fa e sente il (bi)sogno di un film, lo diventa, in qualunque caso e senza speranza, come si soccombe e ci si perde nella scia stregante di un grande amore.
L'artista, in questo tempo, l'artista autentico che osa e che rimane impiantato dentro la polvere  del suo viaggio, è contagiato per sempre dalla colpa e dalla maledizione del suo sogno, che è anche la sua unica malattia. Questo meraviglioso contagio, in cui la finzione e la realtà si compenetrano e si dissolvono l'una nell'altra, è una prova tangibile dell'efficacia e dell'intensità di una direzione stilistica, di un proprio particolare sonoro di rivincita. Un passaporto sicuro e felicemente clandestino per fronteggiare l'indifferenza e la dimenticanza di quest'epoca ottusa e muta, ma protetta, incoraggiata e preservata dalle stesse tenebre dei suoi vuoti e del suo totale disfacimento.
"Fatti corsari" a mio parere, è un'operazione moderna e generosa, quanto potente e balsamica. Una ventata di aria aperta e selvatica, forse anche un antidoto contro il paesaggio tombale di prodotti commerciabili e defecabili in giornata, da consumare come un coito velenoso con una sconosciuta, e poi da rottamare, per consumarne subito altri, così come lo stesso Pasolini aveva profetizzato, in tempi apparentemente non sospetti.
"Fatti corsari" mi risuona oggi come un'operazione controcorrente, ampia e non circoscritta a un solo parametro. Sentita, patita e non solo pensata o pesata per un effetto o una trovata che funzioni da meditazione nostalgica su di un poeta e un intellettuale geniale, quanto controverso e discusso. La rivisitazione della figura, ma anche e soprattutto del contesto e dell'humus di Pasolini, è invece parte di un percorso molto più ampio, che a mio parere esplora, partendo da quelle linee fondamentali, diversi altri aspetti poco comuni e convenzionali: un'analisi di un territorio ancora sacro e archetipico, più che di un poeta, o forse delle sensibilità e dei bagliori di un luogo materno e tragico, che ha ispirato e ingoiato come uno squalo un poeta, ma che palpita ancora delle sue ombre rosse, come nel campo lunghissimo e sfocato di un vecchio western, dopo un massacro di pellerossa... 
La somiglianza del protagonista con Pasolini è sapientemente viziata da un senso doloroso e magico di perdita, di maledizione malinconica e ansiosa, che fuma, in diverse inquadrature su Alberto, come dalle fauci di un ultimo drago. Il viso di Alberto è una pagina infinita di misteri e divinazioni, che ha scolpiti insieme il disincanto e la delicatezza feerica di un altro grande sogno, ugualmente alto e tragico, quanto quello di Pier Paolo. 
Forse la pagina di quel viso è rappresa della luce di Roma, credo tra le più belle luci del mondo, quella stessa che mi ha fatto prendere il treno, lo stesso giorno del mio incontro con Stefano e con Alberto, con qualcosa dentro in più e di mai stato. 
La stessa luce che Stefano Petti ha lasciato scorrere in uno degli affreschi documentaristici e cinematografici più voraci, raffinati e ispirati di questi ultimi anni.



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