venerdì 1 ottobre 2010

Lunar Park

Scopro la maestria vertiginosa di Bret Easton Ellis, in modo misterioso, un po' come in tutte le dinamiche che mi accostano a un'esperienza letteraria. Nulla di stampato, ma è solo la vita che mi riconduce verso la letteratura, e poi in automatico ricevo un biglietto di ritorno. È sempre così che ha funzionato, almeno fino ad ora e ne sono ancora molto soddisfatto.
Dunque, ritornando a Ellis, da quando ho letto la sua raccolta di racconti "The informers", - molto più secco il titolo originale rispetto a "Acqua dal sole",- ho esplorato il suo mondo a distanza riavvicinata, sprofondando a breve nei caleidoscopici romanzi senza freni, come Le regole dell'attrazione, Lunar Park e la martellata di American Psyco, che ho trovato davvero un'esperienza sconvolgente, da diversi punti di vista, ma che affronteremo semmai più avanti. 
Ho letto con voracità questi passaggi fondamentali della sua opera, trovando in Lunar Park lo scintillio più raffinato della vertigine del pdv. Ellis in questo romanzo gioca in maniera sottilissima sulla persona narrante, con una serie di interazioni profonde e molto sottili, direi virtuosistiche, sulla visione precisa e spiazzante del suo occhio verso la vita e sull'intelligenza delle superfici. Ne sa qualcosa Scurati, che credo abbia colto nel profondo questo aspetto, che non è solo un aspetto meramente tecnico, ma include una nuova formula di osservazione delle superfici di un tessuto narrativo, in contrasto con le attitudini alla profondità. Può  sembrare complesso, ma in fondo non lo è.
Ecco una testimonianza di quello che Scurati pensa di Lunar Park.

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