sabato 24 gennaio 2009

Come in uno specchio



Ho recuperato un film a cui tenevo molto.
Forse per la sua tematica profonda, per il crepuscolo delle sue tinte visive e narranti, per la verità delle sue luci, del suo taglio perfetto e implacabile, nel suo muoversi di ombre e sussurri nel mistero della mente, della vita, della malattia.
La recitazione impeccabile, nutrita dall'austerità del Bergman più introspettivo, che discende nel silenzio profondo e misurato all'interno delle sue creature "mutanti".
Un cast scarno: quattro personaggi di autorevole maestria. (Grandissimo Max von Sidow).
Oscar 1961 come miglior film straniero, lo rivedo con il piacere di sempre e senza le imperfezioni del vecchio nastro del VHS.
Qui di seguito due brevi stralci critici dello stesso lavoro, da due diverse firme.
"Uno straordinario quartetto di personaggi (...) che affronta i nodi della vita: lo scopo della malattia, il ruolo della famiglia, il senso dell'arte, la ricerca dell'infinito e della trascendenza, la presenza di Dio". Paolo Mereghetti.
"Ventiquattro ore di una vacanza d'incubo su un'isoletta ventosa del mar Baltico tra la schizofrenica Karin, il marito medico, il fratello minore e il padre scrittore...Uno dei film più angosciosi e sconvolgenti sulla follia".Morando Morandini.
Due prospettive critiche ugualmente indovinate, fedeli al ritmo e al significato sotteso nell'opera.
Come sfondo sonoro, isolato e partecipe, il canto della Suite n° 2 in re minore per violoncello di J.S.Bach.
l.s.

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