mercoledì 5 aprile 2017

La paura di Ivanov





Tra i frequenti squarci illuminanti del ciclopico romanzo 2666 di Roberto Bolaño, eccone uno, relativo alla sua quinta parte - "La parte di Arcimboldi" – che interroga parecchie zone e ferite aperte di chi scrive, attraverso il personaggio dello scrittore Ivanov. Ma si noti nel contempo la leggerezza e la precisione, con cui lo scrittore Bolaño effettua questa mirabile incisione dentro un immaginario che di colpo si universalizza, si compie come terreno comune di uno stato complesso e ossessivo dell'essere e dello scrivere, così come risulta diramarsi e fondersi nel fuoco la sua stessa poetica.

"La paura di Ivanov era di indole letteraria. E cioè, la sua paura era la paura di cui soffre la maggior parte di quei cittadini che un bel giorno (o un brutto giorno) decidono di convertire l'esercizio delle lettere e, soprattutto, l'esercizio della narrativa in una parte integrante della loro vita. Paura di non essere bravi. E anche paura di non essere riconosciuti. Ma, soprattutto, paura di non essere bravi. Paura che i loro sforzi e affanni cadano nell'oblio. Paura del passo che non lascia traccia. Paura degli elementi del caso e della natura che cancellano le tracce poco profonde. Paura di cenare da soli e di non essere notati da nessuno. Paura di non essere apprezzati. Paura del fallimento e del ridicolo. Ma soprattutto paura di non essere bravi. Paura di abitare, per i secoli dei secoli, nell'inferno dei cattivi scrittori. Paure irrazionali, pensava Ansky, soprattutto se questi paurosi controbilanciavano le loro paure con apparenze. Il che era come dire che il paradiso dei bravi scrittori, secondo quelli cattivi, era abitato da apparenze. E che la qualità (o l'eccellenza) di un'opera ruotava intorno a un'apparenza. Un'apparenza che variava, naturalmente, a seconda dell'epoca e dei paesi, ma che restava sempre tale, un'apparenza, una cosa che sembra e non è, superficie e non fondo, puro gesto, e persino il gesto veniva confuso con la volontà, capelli e occhi e labbra di Tolstoj e verste percorse a cavallo da Tolstoj e donne sverginate da Tolstoj su un arazzo bruciato dal fuoco dell'apparenza".

(Roberto Bolaño, 2666: la parte di Arcimboldi)








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