In una stesura di un mio racconto, ritorna una scuola media a cui ho dato il nome di Giovanni Pascoli. Una scuola di un piccolo paese immaginato, aveva bisogno del nome del poeta Pascoli. Non so il perché. Forse per una sua collocazione sentimentale che sostituisse l'evanescenza di quella geografica. Queste scelte, che sembrano naturali o dettate dal caso, spesso rivelano dei fondali, delle motivazioni complesse, che il più delle volte si armonizzano con la tematica di quel lavoro, ma anche con altre risonanze, legate a una certa sensibilità o attitudine percettiva di quel dato periodo o solo di quel momento in cui avviene quella parte di stesura. Per una di queste ragioni ho ripreso, proprio a fine revisione del racconto in questione, "I canti di Castelvecchio", nell'edizione della Bur in mio possesso. È sul mio comodino. Accanto a un lettore Booken Cybook Opus, che giusto stamattina ha deciso di non accendersi (la batteria era del tutto scarica). Ironia della sorte, ma i "Canti di Castelvecchio" sono fermi, docili, al loro posto. Tacendo e vibrando della loro vita naturale e illimitata.
venerdì 7 aprile 2017
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