mercoledì 1 febbraio 2012

Perché postare alcune mie bozze prime o in itinere?

In itinere. Mi sento dentro questo laccio, che schiude ma non chiude e nemmeno conclude.
I pochi, i rari o i coraggiosi che mi seguono con una certa attenzione, avranno notato negli ultimi post, un affollarsi, forse anche disordinato, di materiale in versi, o quasi, più o meno finito, elaborato, rodato.
Mi sento di dare una spiegazione, forse anche a me stesso. Di solito le cose solo pensate non sono così vive quando vengono poi scritte, anche se una volta scritte perderanno quasi sempre il mordente e la vita del loro vago inespresso che attornia ogni parola fino al suo capolinea: eccola forse la ragione. Il mordente di provocare in testi senza luogo, lo sbaraglio puro di un lancio, senza una direzione troppo definita; un lancio notturno di surfcasting, con tutta la forza del braccio ma senza alcun tipo di esca, viva o artificiale; senza nemmeno la premura e la tutela che diversi sentono verso alcuni loro scritti preziosi, e che cercano di sacrificare al minimo in certi luoghi. Prezioso non sarà mai uno scritto, ma il momento vivo e fragile di un incontro vissuto e patito attraverso, al contrario di tante altre teorie e suggestioni matematiche in proposito. Perché credo ai contenuti e non più ai luoghi del contenente o contenitore. Non credo che tutto il mio scrivere debba rimanere al cospetto di volontà oscure, che in alcuni casi lo liquidano con qualche accenno vago, confuso, che dovrebbe poi riassumere tutto il detto o il non detto o farmi cambiare modo di camminare. Come dice Mario Vargas Llosa: "Nessuno può insegnare a un altro a creare, ma tutt'al più può insegnargli a leggere e a scrivere", in una delle frasi più profumate e stimolanti che abbia mai sentito e che cerco, nel mio minuscolo microcosmo espressivo, di mettere in pratica quando mi sento interpellato a dare un certo giudizio, o meglio: un certo occhiale sul fatto narrato.
Lanciare nel minuscolo vuoto di questo mio blog alcuni pezzi della mia vita in parole, potrebbe diventare un attacco deciso alla mia concezione e al mio feroce disadattamento al clima letterario che avverto e che mi sento intorno. A questo punto è molto più utile che i detriti delle mie bozze vadano nello stomaco di uno squalo bianco, che almeno  li incontri e li annusi, prima di distruggerli, anziché nel laboratorio di un ragioniere o di un medico legale della scrittura. Meglio rubati con destrezza e passione, che tollerati con il sonno addosso.
Per fortuna alcune mie bozze non sono ancora cadaveri, pur potendo riassumere i deficit di una personalità piuttosto inquieta che ricerca e che non ammicca, ma questo è un altro discorso, più ampio e anche più intimo. Diversi anni fa, chi scriveva, non aveva tutto lo spazio espressivo che ha oggi. Ogni cosa aveva un peso diverso. C'erano i tavolini, con i gruppi di amici appassionati, che discutevano di quello che andava discusso, a volte sporcando i fogli con un caffè o con il fondo di un bicchiere ghiacciato di aperitivo. Temo che oggi alcuni accessi importanti di comunicazione vengano invece utilizzati come ingressi secondari di servizio. Lo stesso blog, diventa spesso una bacheca di annunci per dirottare solo ai destini prossimi o agli approdi delle proprie pubblicazioni o relativi trionfi (mai i tonfi, però!), come all'assaggio del menu di casa, il tempo di qualche rigo e via. Invece, al momento, in questo momento in cui sto scrivendo, così come il successivo, sono e sarò tutto quello che ho, lo spazio preciso che mi concedo e che forse offendo ma difendo, e che è l'unico concreto ad esistere, al di là di quello che potrebbe o non potrebbe accadere con le mie parole in itinere, forse il nulla più assoluto (potrebbe essere una grande fortuna e opportunità lo scrivere davanti a un palazzo spento o a un cane addormentato). Uno spazio del genere non è secondario a nessun altro al mondo, nel momento in cui lo vivo e lo avverto, come unico e insostituibile strumento baluardo di espressione.
Fin quando un mio testo non avrà un luogo in cui si sentirà condiviso e non inviso nel maglio di una sentenza – continuo a pensare che molte volte quando si scrive, ti si guarda sempre un po' come a uno che ha appena preso una merda in pieno e sta entrando nel salone di un palazzo ducale (si dice che porti fortuna prendere le merde in pieno, chissà...) preferisco l'azzardo del lancio nel vuoto. Intanto vivo la stanchezza con la passione di dedicare l'attenzione massima al luogo attuale e certo delle mie parole e non ai palazzi illusori e ducali dove andrebbero inserite.
Esiste una complessa attività telepatica che guida e che sintonizza lettori e scrittori e che li mischia in un unico terzo luogo. Non credo che sappia ancora altro in merito, tutto questo mi basta. Se avviene un contatto, sono disposto a discutere, variare, modificare, cassare, ricominciare. Se il contatto non avviene...allora rock ' n' roll! (questa l'ho arpionata da Ellis, ma credo che calzi a perfezione).
È per questo che in diversi casi mi sono concesso il gusto di lasciare prendere della buona aria ad alcuni miei scritti o bozze di scritti o quello che sia. Non credo vi sia luogo migliore e più appropriato per coglierli o distruggerli nella loro selvatica interezza itinerante o divertente inutilità.
Ecco la spiegazione che vi dovevo.

2 commenti:

Eletta Senso ha detto...

sintonia. questa la parola che mi viene.nausea diffusa di questa marea nera di scrittori che cercano alloggio e visibilità arrivando da ogni dove con la furia di uno tsunami. pochi, pochissimi che amano scrivere per scrivere, poetare per poetare. la poesia che hai commentato avrebbe potuto finire nell'ennesimo libro stampato e dimenticato. molte mie cose vanno a finire nel caminetto a bruciare. il loro compito già assolto nel momento in cui la penna lascia deposti sulla carta. vie le briglie, vie i padroni e: almeno nel blog che è spazio nostro scrivere ciò che si vuole mi pare di vitale importanza. è un piacere dell'anima conoscere persone come te. eletta

luigi ha detto...

Sintonia: confermo in pieno.
Ti ringrazio della visita e del tuo intervento.
È stato un piacere altrettanto intenso leggerti.
saluti cordiali,
luigi