martedì 16 maggio 2017

La consolazione


Mi accorgo che a volte, scrivendo, vado alla costante ricerca di una consolazione. Una consolazione misteriosa, che sembra volermi consolare dallo stesso atto – o maledizione – dello scrivere attraverso cui poi la ricerco. Basterebbe smettere, allora, invece di perseverare in un atto così difficile, che si attorciglia su se stesso, cercando dentro la sua logica l'antidoto giusto per il suo veleno. 
Ma la ricerca di quella consolazione potrebbe riguardare anche altri elementi, non direttamente collerati al gesto dello scrivere e all'ideale estetico che immagino di preservarmi o di raggiungere attraverso. Elementi che non sono venuti ancora alla luce e che probabilmente non affioreranno mai; ma questo non è un buon motivo per non cercarli. Anche la sola macchina ilusoria di questo impianto, potrebbe dare ancora un senso a tutto questo tempo trascorso, (al quale ho sacrificato momenti, giorni, mesi, passeggiate, discussioni appassionate con gli amici, viaggi, partenze, ritorni, ritardi anche soltanto noia, ma tutti elementi assolutamente concreti, palpabili e quindi reali), cercando rimedi per qualcosa che forse nemmeno è andato mai perduto o che nemmeno esiste. A consolarmi per qualcosa che non mi ha ancora condannato, offeso e ferito, per esempio; ma che in qualche modo esiste, dentro un altro tempo e con una sua sete, in quel suo livello inconsolabile di irrealtà, che forse mi appartiene da sempre.


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