venerdì 13 novembre 2015

Note d'autore da Rafael Spregelburd




"Mi pongo come orizzonte l'incompiutezza".

Rafael Spregelburd, dalle sue Note a "Eptalogia di Hieronymus Bosch I" 

Nell'introduzione del volume I della sua straordinaria Eptalogia, Spregelburd lascia affiorare nelle sue note i suoi tratti incantevoli e controversi, che già ne "L'inappetenza", – letta con appetito e tutta d'un fiato stamattina, appena sveglio – mi hanno avvinto e stregato, avendomi gioiosamente condannato senza sentenza a un'esperienza folgorante e nutriente, pur nella sua dimensione catastrofica – o meglio: soprattutto per quella. Mi ha colpito moltissimo il senso di incompiutezza come orizzonte. Avrei voluto lasciare intatto il bianco del post oltre quella sorta di preziosa epigrafe, ma poi non ho resistito e mi sono costretto a questa breve schiusa, del tutto istintiva e vacanziera.
 Mi piacerebbe impiantare questo graffio di apertura di questo post in una sorta di nuovo diktat del post-modernismo. Una sorta di limbo, di zona sospesa e insieme protetta, aperta sempre a nuovi squarci, fragranze e illuminazioni. Forse un nuovo primo amore verso moduli espressivi dalle infinite pulsioni e possibilità. Fuori dal vecchiume e dalle ragnatele imperanti del compiuto. E ancora tanto altro, che ancora non mi spiego. E che forse, in ragione di questo stesso orizzonte, nemmeno mi va di spiegarmi. Credo che in diversi casi conti di più il perdersi, che lo spiegarsi. Quello di Spregelburd e della sua "Eptalogia", è uno di questi casi.




























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