Della splendida figura di Karl Rossmann, singolare protagonista del romanzo "Il disperso" di Franz Kafka, mi colpiscono, sopra tutti gli altri, due aspetti: il fulgore e la solitudine. Due linee perfette, in leggero contrappunto, divertite, controllate e controbilanciate, quando si diramano dalla freschezza e dalla dinamicità del giovane Rossmann, a tutto il contesto più febbrile della costruzione. Attraverso i vari strati dei suoi tessuti, le sue continue fragranze, i suoi mari, dove il ragazzo sbalza e si muove nella sua luce, come l'archetto di un violoncello nelle mani di uno strumentista prodigioso. Così le atmosfere, le ombre e le voci, le vibrazioni che trapassano il cranio della storia, sono tutte ventilanti di quel getto continuo di latente ardore, pur se esposte e intrise da una cupa e costante maledizione (ma sul destino di Rossmann forse si può parlare ancora di una spinta sinistra e non più di una trafittura letale e definitiva, quanto meno rispetto agli altri due protagonisti della trilogia, Joseph K e K.(vedi le analisi da Citati, Calasso, Brod).
Il fulgore dell' a solo sarà anche la sua solitudine, quindi, così come la sua solitudine sarà astratta e contenuta nel suo stesso fulgore o parte rispecchiata e pluiridimensionale dello stesso poliedro. E ogni passo speranzoso e paziente che spinge in avanti (o meglio: all'indietro o verso il basso) il nostro "piccolo" Karl Rossmann (così come lo chiamava la grassa Brunelda), si delineano e si compensano parti snelle di una fuga classica poco prima della stretta. Abbastanza simili e comunque non troppo lontani, nel binomo crudeltà-innocenza, nella ricerca disperata di una dimensione archetipica affettiva e di identità, gli aspetti del protagonista de "L'uccello dipinto", nel terribile affresco di Jerzy Kosinski: dove forse al fulgore Kafkiano dell'America, si accompagna una solitudine più muta, ma non meno cruenta e desertica, se ancora così vicina alle espressioni di Rossmann, al suo sguardo abbandonato e rapito (e poi proibito) dalla finestra sulla strada (e oltre la sua città scintillante e armata di spada), dai meccanismi della complicata scrivania, alle canzoni popolari e sognanti del suo pianoforte americano, dove affiorano le prime ombre di Chaplin.
domenica 9 settembre 2012
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