Dalla mia finestra è una giornata bellissima, da non sembrare invernale. Tutta questa luce pare che fermi il tempo ma mi impedisca di poterlo dire e scrivere, di quanto sia grande quello che sento, quel pino marittimo dentro l'azzurro e poi ancora più avanti mi pare che vi sia un albero che ricorda un salice e la villa delle suore, ancora più deserta con questa luce come se fosse notte. Il giorno quanto più è luminoso tanto è vicino alla purezza e alla perfezione di uno sfondo notturno.
Quando scrivo ho sempre questi stessi elementi vicini, che qualche volta guardo senza accorgermene, li guardo come se nemmeno ci fossero o come se in quello sguardo fossi io l'oggetto e la parte osservata e inanimata e loro i miei scrittori e osservatori.
E tutto quello che si dice o anche che non si dice, che mai si dirà, rimarrà indefinito nella stessa sensazione di nostalgia, del ritrovarmi vivo nelle mie parole, nel tentativo delle mie parole, per afferrare un presente che sta già finendo mentre lo sfioro. Così quel viso che mi ha appena soffiato del suo sguardo, uno sguardo dentro i capelli, una figura che una volta scritta è già passata. Come questa luce, questa giornata ormai smorzata già tra qualche ora. Dallo stesso punto in cui mi trovo.
Quando scrivo e vivo:
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