Che cosa ci sarà nelle mie parole?
Qualcuno che me le dice e che me ne tace?
Una lunga giornata rossa di pioggia?
La farmacista con gli occhiali senza voce?
Una chitarra con l'amplificatore?
Una cruccetta e un videoregistratore?
Una cruccetta e un videoregistratore?
Uno spavento mortale un' emozione?
La sigaretta di una cameriera a ore?
La mano azzurra del borseggiatore?
La corsa fitta di un innamorato
di uno stupratore di un ispettore
di polizia di un evaso di un impiegato?
Un campanile, un campo di calcio, un trattore?
Il fumo nero e più nero di un radiatore?
Il fumo nero e più nero di un radiatore?
Una vampata di tristezza e di calore?
Un tetto rosso con la neve su Lione?
Un tramonto da una casa circondariale?
Un tramonto da una casa circondariale?
Una ragazza che mi ha chiesto di uscire
e che muore all'improvviso a fine Aprile?
Qualcuno che mi tradisce, mi ammansisce,
mi suggerisce mi istruisce o impietosisce?
Tutto questo buio nelle mie parole
diventava il castigo di quel disagio
che mi formava e mi firmava adagio
portandomi sempre più a ripensare
di non poter mai ottenere mie parole
senza una minima possibilità di dolore:
anche solo di un filino, uno spaghetto
bene al dente di dolore che mi farà
capire dove batte l'altro mio cuore
facendolo più caldo nel suo vento.
Ecco quello che poi forse ci sarà:
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