lunedì 20 febbraio 2012

Parlano i libri a metà della notte...


Ho fissato e rielaborato questa scorsa particolarmente felice dalla prima parte del romanzo Il tuo volto domani- Febbre e lancia di Javier Marías (Tu rostro mañana- I. Fiebre y lanza), perché mi ha comunicato una sensazione molto forte di appartenenza a un certo flusso. La bellezza del leggere rimane come esperienza infinita di un ascolto di flussi, atmosfere di momenti rari, inscrutabili, come il corso di un lungo fiume notturno che ti avvolge prima del sonno.
Ecco come viene sciolto il pensiero, che con gioia e fame condivido:

Parlano i libri a metà della notte come parla il fiume, con placidità o svogliatezza, o la svogliatezza la si aggiunge con la propria fatica e il proprio sonnambulismo e i propri sogni, per quanto si sia o si pensi di essere molto svegli. Si collabora poco, o si crede questo, si ha la sensazione che ci si stia informando quasi senza sforzo e senza farci molto caso, le parole scivolano lievemente o flebilmente, senza l'ostacolo della lettura vigile, dell'impeto, si assorbono passivamente o come un regalo, e sembrano qualcosa che non si calcola né costa né trae profitti, anche il loro suono è tranquillo o paziente o languido....

Mi fermo qui. 
Questo passaggio di Marías racchiude un senso universale e privato di contatto e di abbandono a una bellezza, quella del leggere di notte o in una propria simbolica notte; alle sue possibilità e alle sue schiuse. Nella lettura si diventa parti indicibili di una sola voce, depositari di un segreto, di un contatto, di un sogno.
Credo che sia anche così.

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