Manuela Giacchetta, in questa sua prefazione al mio romanzo "L'azzurro della notte", di prossima pubblicazione (Edizioni Il Pavone di Messina), dimostra di essere entrata nella storia come una fiocina agile e silenziosa nei riflessi di un colore, e ci è riuscita benissimo. Più la rileggo e più la ritrovo una prefazione originale, limpida ed emozionante.
Sono davvero onorato che questo romanzo sia stato introdotto da una scrittrice dal talento così chiaro e riconoscibile. Non finirò mai di ringraziarla.
A voi:
PREFAZIONE al romanzo "L'azzurro della notte".
Ho sempre immaginato di assaggiare i colori. Di trovare il gusto esatto per ognuno. Nel corso del tempo ho scoperto, per esempio, che il rosa ha il sapore di mandorla e non è poi così zuccherino come può sembrare. Che il bianco sa di orzata. Il celeste d'anice. Il giallo, che ho sempre sospettato aspro come il più bisbetico dei limoni, in questo libro si è invece rivelato di un'intensa dolcezza. E non l'avrei mai detto. Il verde, invece, non è mai stato capace di sorprendermi, e ha il sapore della menta fredda. Il nero è totalitario, sbalorditivo, ai limiti dello stucchevole.
Poi c'è l'azzurro. E l'azzurro è una faccenda complessa.
Questo libro cerca di rispondermi. Perché è invaso da un azzurro che dilaga, contagia la storia, l'autore. E' un colore in divenire, senza un'identità precisa, che si muove nell'indeterminatezza, alla ricerca di se stesso. Un colore di cui ci si potrebbe ammalare. E' un quasi-blu, un quasi-notte, un quasi-altro, sempre a un passo dal suo definirsi.
E' così, il tipo di azzurro che si sfiora in queste pagine. Un colore di passaggio: fra luce e ombra, reale e irreale, scritto e vissuto, favola e incubo. Una frequenza cromatica che diventa il tramite fra dimensioni altrimenti separate, lo sfondo perfetto per farle compenetrare e confondere.
L'azzurro di Luigi Salerno è uno strappo, un punto di rottura. Ma soprattutto un punto di accesso alla storia di queste pagine:
Ma tutte le storie, anche se già scritte, trascritte e quasi concluse, hanno sempre un punto oscuro di accesso. Una zona profonda e inscrutabile, difficile da penetrare.
Attraverso questo tipo di azzurro si scivola nella storia, senza possibilità di appiglio o di orientamento. Dove una fiaba può diventare terribile, dove la musica assiste, nascosta nella scelta dei termini e delle immagini:
quelle/sue/gambe/sulla/pista,/come/le/dita/di/un/violi/nista/folle/sulle/corde
dove la poesia si spaventa, ma resiste, per raccontare quello che accade tra uno scrittore che ha finito le sue parole, una pattinatrice dalla pelle bianca, bianchissima, come ceramica di Capodimonte e il suo cane, quasi umano, che per primo si smarrisce nell'azzurro e li fa incontrare.
E' un colore che deve accogliere e nascondere i molti contrasti emotivi che svuotano il respiro. Che deve intrecciare, in silenzio, l'armonia di un corpo di ragazza, quasi fatta di musica, alle crudeltà giustificate, e agli amori uccisi per amore.
Non si ha mai la sensazione di leggere, ma quella di ascoltare e di vedere il mondo, come da sotto i fondali di un lago. A volte le immagini arrivano come echi, altre come sfumature d'acqua.
... grandi lampadari spenti e antichi. I soffitti alti e una tenda impazzita, che sfiorava di bianco i vetri della cristalliera.
E' l'immagine perfetta per arredare questo fondale, dove la storia si propaga, come un suono umido.
Non credo sia possibile immaginare un sapore per questo tipo di azzurro, perché, alla fine di tutto, sfugge all'idea di colore, diventa uno stato emotivo. Potrebbe avere, forse, giusto il sapore di un sogno marino.
Manuela Giacchetta
Sono davvero onorato che questo romanzo sia stato introdotto da una scrittrice dal talento così chiaro e riconoscibile. Non finirò mai di ringraziarla.
A voi:
PREFAZIONE al romanzo "L'azzurro della notte".
Ho sempre immaginato di assaggiare i colori. Di trovare il gusto esatto per ognuno. Nel corso del tempo ho scoperto, per esempio, che il rosa ha il sapore di mandorla e non è poi così zuccherino come può sembrare. Che il bianco sa di orzata. Il celeste d'anice. Il giallo, che ho sempre sospettato aspro come il più bisbetico dei limoni, in questo libro si è invece rivelato di un'intensa dolcezza. E non l'avrei mai detto. Il verde, invece, non è mai stato capace di sorprendermi, e ha il sapore della menta fredda. Il nero è totalitario, sbalorditivo, ai limiti dello stucchevole.
Poi c'è l'azzurro. E l'azzurro è una faccenda complessa.
Questo libro cerca di rispondermi. Perché è invaso da un azzurro che dilaga, contagia la storia, l'autore. E' un colore in divenire, senza un'identità precisa, che si muove nell'indeterminatezza, alla ricerca di se stesso. Un colore di cui ci si potrebbe ammalare. E' un quasi-blu, un quasi-notte, un quasi-altro, sempre a un passo dal suo definirsi.
E' così, il tipo di azzurro che si sfiora in queste pagine. Un colore di passaggio: fra luce e ombra, reale e irreale, scritto e vissuto, favola e incubo. Una frequenza cromatica che diventa il tramite fra dimensioni altrimenti separate, lo sfondo perfetto per farle compenetrare e confondere.
L'azzurro di Luigi Salerno è uno strappo, un punto di rottura. Ma soprattutto un punto di accesso alla storia di queste pagine:
Ma tutte le storie, anche se già scritte, trascritte e quasi concluse, hanno sempre un punto oscuro di accesso. Una zona profonda e inscrutabile, difficile da penetrare.
Attraverso questo tipo di azzurro si scivola nella storia, senza possibilità di appiglio o di orientamento. Dove una fiaba può diventare terribile, dove la musica assiste, nascosta nella scelta dei termini e delle immagini:
quelle/sue/gambe/sulla/pista,/come/le/dita/di/un/violi/nista/folle/sulle/corde
dove la poesia si spaventa, ma resiste, per raccontare quello che accade tra uno scrittore che ha finito le sue parole, una pattinatrice dalla pelle bianca, bianchissima, come ceramica di Capodimonte e il suo cane, quasi umano, che per primo si smarrisce nell'azzurro e li fa incontrare.
E' un colore che deve accogliere e nascondere i molti contrasti emotivi che svuotano il respiro. Che deve intrecciare, in silenzio, l'armonia di un corpo di ragazza, quasi fatta di musica, alle crudeltà giustificate, e agli amori uccisi per amore.
Non si ha mai la sensazione di leggere, ma quella di ascoltare e di vedere il mondo, come da sotto i fondali di un lago. A volte le immagini arrivano come echi, altre come sfumature d'acqua.
... grandi lampadari spenti e antichi. I soffitti alti e una tenda impazzita, che sfiorava di bianco i vetri della cristalliera.
E' l'immagine perfetta per arredare questo fondale, dove la storia si propaga, come un suono umido.
Non credo sia possibile immaginare un sapore per questo tipo di azzurro, perché, alla fine di tutto, sfugge all'idea di colore, diventa uno stato emotivo. Potrebbe avere, forse, giusto il sapore di un sogno marino.
Manuela Giacchetta
2 commenti:
I colori sono dentro ognuno di noi. C'è chi li tiene stretti dentro, chi li va a cercare, chi li ha sempre avanti agli occhi. Io i colori li ho tra le mani sempre quando dipingo, quando progetto, quando scrivo. I miei colori sono forti e caldi illuminati sempre da tantissima luce. La luce, è secondo me, la vera rivelatrice dei colori, la reale forza che dà ai colori la maniera di vivere ed esistere. Luigi, per quel poco che ho imparato di lui attraverso la sua scrittura, è un artista ricco abbondantemente di colori, i più disparti, tra le tonalità più delicate fino alle tinte forti e fluo. La scrittura di Luigi affascina, accompagna, sostiene. Niente mai di ciò che scrive può passare inosservato. Ogni sua parola lascia un segno forte e deciso tra i pensieri del suo lettore. Giulia Madonna
Ciao, Giulia. Ti ringrazio molto per le tue parole così intense e sentite.
l.s.
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