martedì 24 gennaio 2017

Perfezionamento


La speranza è sempre quella di pensare che domani si farà meglio di oggi e ancora meglio di ieri. Ogni minima, anche fugace verifica, riserva questa possibilità, questo diritto di azzeramento e di rivalsa che solo del tempo aggiunto potrà concederci e che ci spinge a continuare; nel ritrattare in modo diverso il prestito con il proprio affare creativo e la propria identità, per poi risalire il fiume dalla prima parola, semmai dalla prima lettera o anche dalla fine, a ritroso verso una nuova luce usurante, prima del prossimo naufragio o annegamento.
Eppure quanta nebbia in questi propositi di perfezionamento. Tutto, in fondo, potrebbe ricominciare e ritornare a essere meno di quello che invece si sperava, anche nell'apparenza verificabile di un progresso, di una strategia a migliorarsi. Questo è possibile. Un miglioramento solo superficiale potrebbe anche sottrarre e non solo aggiungere qualcosa, ma diventare limitante del suo stesso primato. Semmai disgiungere il contatto fragile con alcune intimità che non trovano nutrimento in un'idea così sofisticata di perfezione, ma che incontrano la loro aria ideale solo in particolari, sgraziate deformità. Forse con la rinuncia a questa speranza plastificata – a volte poco ostinata – a migliorarsi secondo alcuni canoni precostituiti, con l'adattamento alternativo a uno stato ineluttabile e disperante di resa, si potrebbe ancora intravedere lo stesso una minima schiusa. Verificando nel vivo l'abisso inesorabile che si avvera per ogni minimo passo di scrittura, per esempio, al di là dei giorni buoni e cattivi, del proprio talento e del proprio impegno, del proprio stile e del proprio linguaggio, ma come sola e unica certezza assoluta su cui basarsi e disperarsi. Sarà forse questa pinna affilata di squalo, che nereggia nel silenzio della mia vita, una plausibile speranza di perfezionamento?

































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