domenica 15 gennaio 2017

Caro Za



                                                                          [primavera 1933]

Caro Za,
la ringrazio della gentilissima lettera, e mi scuso per il ritardo. La campagna è bella intorno a me, ma io la posso guardare appena. Studio sconsolatamente. Non riesco a pensare alla morte, la vita mi attrae ma mi sento timido di una timidezza profonda, che anzi esteriormente mi comporto abbastanza bene. Ho delle poesie nuove, poche, ma semplici e sincere; fra queste e altre più vecchie ne avrò una trentina: a leggerle in fila mi commuovo, perché non mi sembrano mie, e nello stesso tempo vedo che la parte migliore di me vi si deposita. Mi piacerebbe farne un librino da mettere vicino a Sirio, che è più giovane ma più virtuoso e meno sentimentale. Allora mi vedrei un po' bene. Aspettiamo l'umanista al varco, Campanile è in completa decadenza, di altri non ne esistono. Timpanaro m'ha scritto una letterona simpatica. "L'Italiano" è bello, ma è un po' un giornale umoristico. La "Fiera" è grigia e polverosa. Ha quella vecchiaia triste e precoce di certe villette di due o tre anni fa. Tutto è odiosamente letteratura di 2° ordine. Importa scrivere dei bei libri, godere un po' la vita e basta.
Le scriverò più a lungo.
Un abbraccio    
 tuo Attilio                                                                                        

Lettera manoscritta di Attilio Bertolucci a Cesare Zavattini, dal carteggio 1929-1984: "Un'amicizia lunga una vita". Mup editore. 2004




















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