martedì 10 gennaio 2017

Quella sensazione di vuoto




Dalla quinta lezione di Peter Bichsel, di quelle tenute all'Università di Francoforte nel 1982, in occasione del conferimento del premio "Stadtschreiber von Bergen", stamattina condivido questo passaggio, che mi ha fatto ritrovare quel senso di vuoto ben riconoscibile, accadutomi dopo alcune esperienze di lettura e che nel contempo mi ha dato anche modo di riflettere sul senso profondo del narrare. Il titolo della sua quinta e ultima lezione è "Storie che ha scritto la vita".
Segue il breve estratto:

"La nostra vita diventa sensata se ce la possiamo raccontare. Le storie d'avventura, piene d'azione e di suspense, hanno in questo senso un doppio svantaggio. Suscitano l'impressione che sia narrabile solo ciò che è straordinario, e suggeriscono al lettore l'idea che senza avventure straordinarie la sua vita sarebbe priva di senso. Ma ciò non vuol dire che non si possano raccontare storie d'avventura. Quando Joseph Conrad le racconta, il lettore scopre che per l'autore non si tratta semplicemente di dare un contenuto, ma anche di riflettere sul narrare e sul metodo del narrare.
È il contrario di ciò che fanno gli autori della letteratura di consumo, che ingannano i loro lettori offrendo solo contenuti. Da loro il lettore impara soltanto ad ascoltare, e nulla sul narrare perché, di regola, non vi si riflette affatto. La sensazione di vuoto che abbiamo dopo aver letto un romanzo giallo scadente deriva dal fatto che, con la soluzione del caso, tutto scompare, non rimane più niente. Non echeggia nessun tono narrativo – non echeggia per esempio quel tono di cui può vivere per ore e settimane un lettore entusiasta di Adalbert Stifter. In certe circostanze egli potrà usare questo tono narrativo, questa atmosfera narrativa, per raccontarsi la propria vita".

Peter Bichsel: "Der Leser. Das Erzählen". 1982










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