domenica 8 gennaio 2017

Effi Briest, e il cristallo puro di un romanzo




Riaddentrarmi per la seconda volta in questo capolavoro della letteratura, mi ha nuovamente riempito e rigenerato di una vastità di sensazioni e di sentimenti che solo le grandissime esperienze riservano a un lettore, attraverso l'abisso del loro mistero e di quella loro straordinaria unicità. Dentro l'artiglio della classicità e l'armonia drammatica della scrittura, Effi Briest, di Theodor Fontane, ha reso di nuovo indimenticabili tutti gli attimi che gli ho dedicato. Esattamente come è successo durante la prima lettura del romanzo, avvenuta qualche anno fa.
Non posso sottrarmi, a conferma di questo rapimento ancora fresco, – a romanzo da poco concluso –  di aggiungere all'interno del post un significativo estratto dal celebre giudizio di Thomas Mann su quest'opera, da un articolo pubblicato il 25 dicembre del 1919 sul "Berliner Tageblatt":

"Una biblioteca della letteratura romanzesca basata sulla scelta rigorosa – e dovesse anche restringersi a una dozzina di volumi, a dieci, a sei – non potrebbe essere priva di Effi Briest. Non si usa forse dire che nessuna costruzione prodotta dalla mano dell'uomo può essere perfetta? E invece, per quanto si possa essere propensi ad esortare gli uomini alla modestia, l'affermazione è sbagliata, la cosa perfetta esiste: sognando, l'uomo che è artista ogni tanto la produce. Sono casi, come si è detto, fortunati e rarissimi; perché accada si rende necessaria un'incredibile benevolenza e grazia delle circostanze, fin le più sottili: ma se tutto torna, ecco che la cosa si forma, e il cristallo risulta puro. [...]".

Thomas Mann























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