È quella che provo e che mi auspico. Che duri per sempre, nell'impulso materno del suo scoppio vetroso di maestrale.
Non voglia, ma doglia. Il dolore e non solo quello del desiderio ma quello del deserto di questa voragine di vuoti, che costella l'eco del mio sparo nella notte, la resina sulla corteccia.
Il dolore puro, quello che si tace e che non si dice, che non si finge, che non tradisce e che nemmeno si esibisce. Non è l'atto svogliato del fare o del far vedere o del mostrare di fare, ma è l'atto impudico di un dolore espressivo che ti mura e che insieme ti libera: la doglia di una propria impressione che si sprigiona da sola e ti squarcia: quando dico.
Per questo non ho voglia di fare e di scrivere, ma ne ho solo doglia, e di questa doglia ne ho fame ma ne provo una pace infinita, così grande da leccarmi le dita.
Ma forse è appena appena la mia vita...
Ma forse è appena appena la mia vita...
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