Non è affatto comune quello che mi è successo. Intendo poco comune ma anche assolutamente singolare, se visto nella prospettiva più ampia e complessa del progetto cinematografico che ho ideato e che sto cercando di sviluppare con grande entusiasmo insieme al regista e grande amico Fabrizio Fiore: "L'effetto Shepard".
Siamo davvero ai primi colpi, i primi battiti, quindi ancora fitti di extrasistoli, di indecisioni, di ostacoli ma anche di grandi particolari sorprese intrise di speranza quanto di ansie: come questa sorpresa, di cui scrivo, legata a un contatto con un'attrice che si era appena accostata al progetto dalla pagina di presentazione che da qualche giorno era stata inserita, come consuetudine, in un social molto importante della rete. Il motivo dell'approfondimento immediato, che ho voluto instaurare subito dopo aver appurato il suo contatto e quindi il suo possibile interesse a "L'effetto Shepard", – così come ho detto a quest'attrice, quando poi l'ho sentita al telefono –, era legato a una certa particolare tensione naturale di luminosità avvertita emanarsi dal suo viso, evinta con chiarezza da una di quelle espressioni che ero riuscito a cogliere da alcune sue foto disponibili e trovate con una rapida ricerca su Google, foto che avevo visionato poco dopo aver visto la sua adesione ancora "spirituale e social", della nostra pagina di Shepard, perché animato da una sensazione confusa ma diretta di sintonia.
Tra l'altro questo lavoro è legato a questa particolare sensitività o sentimento di luce, di stadi alterati di una luminosità mutante, forse ansiosa, gli stessi stadi che hanno investito l'idea e il tessuto di tutta la struttura, fin dalle sue prime battute, sceneggiatura nata tra l'altro di getto in una zona che amo molto, una città vicina a Gaeta, ma che è sempre testimoniata e raggiunta della bellissima luce che avvolge Gaeta, come un'aura. La sceneggiatura è quindi nata nel mese di luglio, avvolta e impressionata da questo calco o sentimento luminoso diffuso e parlante, che dava gli occhi al viso azzurrato e sereno della Cajeta nutrix di Enea, lo stesso contrappunto di luce e di talento luminoso che avevo colto nelle foto di quest'attrice.
Fino a qui potrebbe sembrare tutto assolutamente normale, a parte un piccolo, impercettibile dettaglio: quando ieri pomeriggio ho avuto modo di parlare al telefono con quest'attrice, (telefonata avvenuta all'ora di pranzo, con Gaeta davanti a me, immersa e sommersa nella luce dell'ora di pranzo di un settembre così terso) ho saputo anche, ma davvero per puro caso, di dove sia, intendo delle sue origini, dei suoi natali, elementi dei quali ero a totale digiuno, naturalmente: e, ironia della sorte, il suo luogo di origine è niente di meno che...Gaeta!
Non so ancora di preciso cosa accadrà o non accadrà, ma sono sicuro che in qualunque caso vadano le cose, l'esistenza di questo particolare inequivocabile segnale, legato al caso o forse nemmeno solo al caso, mi renderà molto difficile dimenticare la qualità di queste circostanze, così le dinamiche, anche se di primissimo approccio, relate a una collaborazione artistica di questo tipo, nata con questo mood, con questa sua luce così personale, parlante e delicata, per quanto poi incubata e presagita nello stesso nucleo più profondo e creativo del progetto Shepard.
È tutto.
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