L'oscurità di Mallarmé è la speranza.
In un mercatino di libri, due estati fa, entravo in possesso delle sue incantevoli Novelle Indiane, insidiose, tappeti volanti e rossi nella notte nera di un agosto.
Le Kohila chanta tout à coup, l'himne matinale: tutto a un tratto il cuculo intonò l'inno del mattino.
Si rivela come un lampo questo squarcio sonoro e boschivo: tout à coup: una lama di metallo attraverso una matassa lanosa, da Le portrait enchanté, prima delle magiche e ammalianti novelle della serie, dove l'occhio riposa e non cade e non affonda, ma precipita nei colori di tanta oscurità. Un precipizio che si accolla il silenzio tombale che precede e che segue la parola e il suo infinito. Il mistero della parola. Il suo bacio oscuro di rossetto nero. Il mio mondo è fatto di figure che si smuovono dietro le tende. Se devo sollevare la tenda ho compiuto un delitto. Se devo mostrare tutto, come un compitino di scuola elementare, ho ucciso la possibilità unica della mia voce. Per sempre. Ho frenato la bellezza del mio vomito! La grande speranza di un fallimento rivoluzionario e felice.
Mallarmé è quella traccia di belletto, è l'umido della parola all'orecchio, la ricchezza dell'oscurità, del suo nudo commovente. Ricordo l'aria di mare notturno, la notte dell'acquisto di queste novelle. Ricordo l'angolo dove ho parcheggiato l'auto, i tavolini accesi di un dancing all'aperto, le luci del cielo, l'ansia di aprire e di divorare l'oscuro che avevo appena impugnato, il pelo strozzato nel suo collare. La scrittura che amo è addensata di oscurità. E ogni volta che vi affondo dentro, dentro la sua terra, questa oscurità che mai mi sazia, si avviluppa sempre di più, si attorciglia intorno alla mia malinconia fantastica e impetuosa, dandomi sempre spettacoli nuovi di una delicatezza tragica e variopinta, che non si allontana mai dalla sua natura sorprendente e magica, che mi legge la mano.
Adoro le porte chiuse, che abbiano la pazienza e il fascino dell' uscio triste e socchiuso, di una luce che si intravede nel fumo, di un'ombra che striscia attraverso un temporale. Senza avere la chiave, ma solo l'udito per il cigolio. L'odore per quello che vi cucinano oltre. L'occhio fresco e blindato verso il dirupo e la mezzanotte infinita, dove infilare la lingua delle mie cento dita di occhi e trattenere una nuova risata.
Adoro le porte chiuse, che abbiano la pazienza e il fascino dell' uscio triste e socchiuso, di una luce che si intravede nel fumo, di un'ombra che striscia attraverso un temporale. Senza avere la chiave, ma solo l'udito per il cigolio. L'odore per quello che vi cucinano oltre. L'occhio fresco e blindato verso il dirupo e la mezzanotte infinita, dove infilare la lingua delle mie cento dita di occhi e trattenere una nuova risata.
Insieme a questa magnifica collezione trovai anche una raccolta di racconti di Maupassant, in un'edizione molto particolare. Una copertina rigida di un color verde bosco, molto molto vecchia, recuperata da chissà quale misteriosa biblioteca di fantasmi o di bibliofili morti pazzi!
Ricordo i particolari di quella sera di quei due acquisti. Come ricorderei i connotati di un'esperienza indimenticabile, come può essere la lettura di certa letteratura.
Non ho mai ascoltato consigli su cosa sia giusto leggere. Ho patito i miei incontri e le mie scoperte sentimentali, come spasmi profondi. Non consiglio cosa leggere. Non creo classifiche dentro di me, ma orizzonti di amore e di passione per la cultura e la tenebra che mi ha formato e fermato dentro di me.
Ogni parola uno spasmo di tenebra, l'inizio e il batticuore dell'avventura, come gridava Gesualdo Bufalino, che ancora mi rintuona dentro il suo bagliore di aria aperta e di miracolo.
Non ho mai ascoltato consigli su come sia giusto scrivere, perché non credo che lo scrivere sia qualcosa di giusto, ma di profondamente ingiusto. Avventurarsi seriamente nelle dinamiche della scrittura, è un'esperienza che ti avvicina all'ingiustizia spaventosa dell'esprimersi, dell'essere fraintesi, disattesi, arresi e disillusi. Non esiste un modo giusto di leggere e di scrivere, così come non esiste un modo giusto di amare o di dormire. Le mie ore di sonno saranno la mia lingua e la mia pace spaventosa, quando arriveranno e mi ammanteranno di oscurità, oltre la possibilità di ogni luce e di ogni pace.
Non ascolto ma sono attento a quel cuculo, costantemente, anche adesso, lo sento che rientra nel circolo sonoro di questa notte. Nel precipizio mi attende. Oltre il niente più di me:
0 commenti:
Posta un commento