Nell'amore per la salita si riversa il senso e l'abbraccio del percorso. Il dolore del suo bacio. Non esiste un bacio al mondo, né primo né ultimo, che non conservi dentro il filo naturale del suo dolore, come aroma di confettura. Così la strada di chi vuol dire: la sete di vetro della scalata. Non trovo sensato cercare scorciatoie, preferisco scorci solitari e franosi. Salite su salite: sfinite-infinite.
La salita di chi scrive sarà spesso anche la sua slitta: in diversi altri casi l'arrivo di un'angina insidiosa, che stringe il petto e causa capogiri se guardi appena più in basso, o se una volpe rossa ti guata e ti minaccia dalla sua tana prima di balzarti alla gola.
La discesa è lasciva. Non ha ombre ma non ha nemmeno luci di deserti e tramonti. Manca di contrasto e di tremendo. È molto trafficata e sfiziosa. Durante il percorso in discesa non riesci a sentire il vento, perché tutti gli altri che scendono con te, parlano della partita, o di come è dolce quella strada in discesa, di una serata al cinema, dei pompini di una cameriera.
La strada in discesa ti arrende senza metterti in combattimento. Ti arrende e ti rende glorioso della trovata del non combattere. Ti mortifica del tuo trionfo.
Non mi identifico nelle discese, ma nelle possibilità infinite delle salite, nella loro solitudine assoluta. Nello scorcio arioso della luna dalle tenebre di un bosco, che respira con me della mia morte.
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