Alessandro Mitola è un fotografo molto particolare che ho scoperto per puro caso e che mi ha subito catturato. Quando ho visto la sua foto Curves, non ho avuto più dubbi. Quella era la foto della copertina del romanzo "L'azzurro della notte": un meraviglioso bianco e nero, silenzioso e intenso, perché a ogni sguardo rivela qualcosa di nuovo e anche di molto antico, fuori da un tempo preciso e troppo definito. La mia non è stata una scelta razionale o calcolata, ma una sensazione chiara di sintonia.
Tra i fattori molto forti che hanno favorito la mia sintonia con le sue frequenze: la classicità e il senso della distanza e dell'assenza; la sfumatura e l'eleganza; il riserbo dell'istante impresso, svelato e trattenuto, concesso nel limite di quella rifrazione, come in un passaggio di ombre o nell'istante che precede il calare della sera – molto bello il contrappunto dei fari accesi al viso che guarda. È tutto questo mi risuona come parte rara di un linguaggio vivo e vicino allo spirito di questo mio lavoro, che pare sospeso e relato sulle stesse coordinate.
Tra i fattori molto forti che hanno favorito la mia sintonia con le sue frequenze: la classicità e il senso della distanza e dell'assenza; la sfumatura e l'eleganza; il riserbo dell'istante impresso, svelato e trattenuto, concesso nel limite di quella rifrazione, come in un passaggio di ombre o nell'istante che precede il calare della sera – molto bello il contrappunto dei fari accesi al viso che guarda. È tutto questo mi risuona come parte rara di un linguaggio vivo e vicino allo spirito di questo mio lavoro, che pare sospeso e relato sulle stesse coordinate.
La sensibilità di Alessandro è molto vicina alla sospensione della parola trattenuta e già sfumata. In effetti le luci, gli sguardi, le prospettive di una ricerca sull'immagine, hanno a che fare con un linguaggio in estensione, fatto di codici, di contrasti, di attese e di domande fatte alla possibilità della luce sui corpi osservati, alla loro verità sui mutamenti, sulla memoria, sulle ombre della loro impermanenza, assenza e profondità. La sua foto Curves è davvero misteriosa e lagunare nel suo effetto d'insieme. I contorni e anche lo sfondo, sembrano indissolubili e parte di uno stesso fuso impalpabile, quanto sottile, che mi ricorda i paesaggi rievocati nella storia, il calare della sera sui visi, i lumi deboli dalle finestre, tra il ghetto e l'oltreghetto, il senso classico di certe distanze che non si possono misurare o pesare, ma hanno bisogno solo di sguardo.
Lo sguardo non ha mai troppo pensiero, ma è incentrato sulla sensazione del momento e della perdita di quel momento sfumato. Un compromesso tra quello che di più intimo si osserva e si trattiene, e il rischio di averlo già perduto: è proprio in quell'intercapedine che si coglie la luce e riposa l'occhio di chi scatta e di chi si imbeve di quelle luci verso una nuova assenza e distanza.
Lo sguardo non ha mai troppo pensiero, ma è incentrato sulla sensazione del momento e della perdita di quel momento sfumato. Un compromesso tra quello che di più intimo si osserva e si trattiene, e il rischio di averlo già perduto: è proprio in quell'intercapedine che si coglie la luce e riposa l'occhio di chi scatta e di chi si imbeve di quelle luci verso una nuova assenza e distanza.
In effetti anche il mio lavoro è incentrato sulle distanze delle assenze e sui rapporti profondi tra le luci e le distanze. E questa foto ne risolve e ne sintetizza i suoi tratti essenziali di crepuscolo e di scrittura della malinconia, con grande eleganza e indiscusso talento.
Non posso che ritenermi fortunato per questa copertina.
Un grazie sentito ad Alessandro Mitola per aver collaborato a questa mia nuova esperienza.
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