Nella revisione di un testo molto lungo, che dovrebbe essere arrivato a una delle sue fasi avanzate piuttosto decisive, – sempre fino a quando qualcosa, dentro o fuori di me, non si insinui per lasciarlo perdere prima (questo può sempre succedere) –, incontro un grossissimo ostacolo, che riguarda i livelli di tempo di alcune situazioni narrative che si smuovono simultaneamente, in gruppi di circa tre nuclei composti da personaggi diversi in luoghi diversi. Fino a questo punto può sembrare tutto abbastanza regolare. Vi è pero una fase più avanzata della narrazione, dove le azioni, oltre a essere scorporate dai luoghi, si muovono anche in tempi diversi, sfalsati. Mentre prima saltavo da un nucleo e da una situazione all'altra, mantenendo intatto il tempo dell'azione, come se parallelo, vi è un punto della storia dove i tempi scorrono invece in modo diverso, in dissonanza gli uni dagli altri. Per alcuni continua il tempo cronologico, ufficiale, per altri, ma forse per un solo altro nucleo, il tempo sarà forse più vicino a quello psicologico, mutante e sensibile, più interno e quindi scollato dall'altro livello o livelli di tempo consueti.
Dovrei quindi riflettere e dopo aver riflettuto scegliere. Scegliere cosa? Se lasciare questa discrepanza, che pare casuale, ma che in ogni modo andrebbe motivata pur nella sua casualità – credo che qualsiasi cosa scritta, in questo caso qualsiasi modalità con cui si descrive qualcosa, abbia nel suo fondo certe sue ragioni di essere –, oppure ripristinare i tempi ufficiali e farli corrispondere, così come ho fatto fino all'incrocio critico della riflessione. In entrambi i casi mi troverei davanti due tensioni dell'azione narrativa del tutto diverse, forse opposte o in diretto antagonismo. Ma anche l'idea di riprendere un nucleo in una fase di tempo diversa, come se a ritroso, potrebbe essere un tratto interessante ed efficace, ma che se non gestito bene potrebbe rivelarsi come un errore madornale nello sviluppo dell'impianto, un errore che potrebbe rompere gli equilibri di un certo tessuto e sapere di forzatura, di artificiosità.
Dovrei quindi riflettere e dopo aver riflettuto scegliere. Scegliere cosa? Se lasciare questa discrepanza, che pare casuale, ma che in ogni modo andrebbe motivata pur nella sua casualità – credo che qualsiasi cosa scritta, in questo caso qualsiasi modalità con cui si descrive qualcosa, abbia nel suo fondo certe sue ragioni di essere –, oppure ripristinare i tempi ufficiali e farli corrispondere, così come ho fatto fino all'incrocio critico della riflessione. In entrambi i casi mi troverei davanti due tensioni dell'azione narrativa del tutto diverse, forse opposte o in diretto antagonismo. Ma anche l'idea di riprendere un nucleo in una fase di tempo diversa, come se a ritroso, potrebbe essere un tratto interessante ed efficace, ma che se non gestito bene potrebbe rivelarsi come un errore madornale nello sviluppo dell'impianto, un errore che potrebbe rompere gli equilibri di un certo tessuto e sapere di forzatura, di artificiosità.
Ecco cosa significa, secondo me, lo scrivere e il riscrivere in fase di revisione: ripristinare orientamenti diversi in base ai nuovi contesti; quasi sempre si tratta di scegliere tra strade simili e vicine, a volte con qualche strapiombo interno nascosto e non ancora identificabile, da scansare o da balzare in qualche modo, se si vuol procedere. Molto spesso di leggere nelle eventuali dissonanze, quella componente o particolare variabile che potrebbe arrecare nuovi equilibri e vitalità al proprio lavoro, – come, nel caso specifico accennato, mi auguro che sia.
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