Questo di Andrew Sean Greer, lo sento uno degli incipit più accattivanti mai incontrati. Mi ha costretto a regalare il testo a mia madre, nell'occasione del suo ultimo compleanno e credo che lo regalerò anche ad altri. È il secondo incipit, a una relativa breve distanza, che mi conduce verso l'acquisto del testo a scatola chiusa. Un altro incipit mi aveva convinto a regalarmi il testo; lo avevo visto una prima volta in una libreria, dove ero in attesa che presentassero il libro di un amico: in quel caso si trattava di "Un cuore così bianco" di Javier Marías; ma era un inizio più articolato ad avermi colpito e di una natura del tutto diversa di quello di cui sto scrivendo.
Penso che le parti di cui è fatto un libro hanno ciascuna di loro una forza di emersione o pulsione, che potrebbe candidarle a questa sorta di rigoglio e diffusa risonanza nell'impatto. Quando si scrive e anche quando scrivo, darò fiducia a ogni ramo di quello che accade, pur sapendo che le parti poderose, quelle che scorporate faranno la magia o la fortuna di un testo, saranno forse una minoranza, o anche nessuna. Ma non solo l'incipit o il finale dovrà affamare l'attenzione. A volte le parti singole, anche se così brillanti messe da sole in controluce, non daranno quella grande resa nell'insieme, così come (sotto)passaggi brevi, palliducci e anonimi, potranno creare a distanza l'effetto cromatico di un giardino papale in primavera visto dall'alto.
Intanto: questo incipit breve e semplice che sto per segnalarvi, ha avuto la giusta potenza e la chiarezza delle frasi naturali e più riuscite, di quelle che si sanno e che si sentono dentro da sempre come proprie, ma che misteriosamente sanno sempre di nuovo quando scivolano con tanta grazia dalle mani di uno scrittore, quasi a farti pensare: così bello e così facile. Accidenti, a pensarci prima potevo azzeccarglielo anche io!
Il romanzo dell'incipit in oggetto è "Le confessioni di Max Tivoli", che inizia così:
"25 aprile 1930
Siamo tutti il grande amore di qualcuno".
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