Riprendendo il capitolo VIII della Camera, mi rifaccio ancora al bellissimo saggio di Paolo Lagazzi, "Rêverie e destino", ampia traversata nei meandri di tutta l'opera bertolucciana, con ampie intuizioni e accostamenti molto indovinati e profondi. Sono al secondo giro di boa, questo pomeriggio ho riattacato l'episodio bruciante del rapporto assoluto e incondizionato del poeta con la figura dolorosamente materna, diversi gli strati di profondità: come suggerisce il Lagazzi, il tipo di lavoro richiederebbe un'analisi capillare per quanto sia ricco di richiami, come i giochi di luce e di ombra delle candele (penso con insistenza a certi maestosi interni sfocati e sanguigni del figlio Bernardo nel suo cinema e di quanto nutrimento nella scelta delle luci si evince da quella certa sensibile familiarità con i temi profondi e meditati del padre). Il percorso di oggi è fermo così alla bellissima fiammella di Gaston Bachelard, e al metodico rintocco del Lagazzi che riporto fedelmente dal suo originale, in questo modo:
"Incinta di nuovo figlio, il quinto - quello che sarà il protagonista della storia - e già di lui innamorata, la giovane donna si toglie
"infastidita al marito affettuoso,
s'avvia con la candela, stormente
cima d'oro nella notte
delle scale, il cuore che le scoppia,
alla dolcezza complice del letto
affocato di brace".
Chi può dubitare che Bachelard avrebbe posto, con entusiasmo, questa fiammella dorata (arricchita dal calore di una brace e da un sentimento così dolce, così esclusivo) tre le sue immagini prime [...]?"
p.l.
p.l.
Ancora una volta la spirale di un evento letterario che diventa come un ulteriore passaggio interno e segreto ad altre incessanti e altrettanto inquietanti verità di penombre o percorsi di lumi palpitanti "...palpita di lumi senza fine che trasmutano l'autunno in inverno", come il poeta Bertolucci ancora poco prima nello stesso capitolo, rivolgendosi a Parma.
l.s.
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