Cerco, in una qualsiasi forma di narrazione, di cogliere l'esistenza e l'espansione di un grande cuore narrante e ben profondo, non troppo scoperto, né macchinoso e né troppo evidente, fantasmico e inglese nei modi e negli aromi della sua forma impeccabile di apparizione. Un cuore tanto ampio quanto discreto e restio all'ostinazione violenta dello svelarsi subito. Restio ma lancinante di tristesse quando appare appena e poi sviene o scompare. Anche in una tessitura semantica particolarmente ostica, rimarrebbe l'unico solido punto d'attracco che giustifichi una fatica e una necessità espressiva, che ne sveli le trame nell'intarsio e degli accanimenti intellettualistici in un impianto strutturale; la trovo ancora la sfida più bella quanto più difficile da ottenere e da cogliere, forse il più attuale cantus firmus nel gioco sapiente delle linee sonore e della loro giusta condotta nelle parti, a volte difficile anche da ricercare -e da entrambe le prospettive - nella misura in cui possano esprimersi ed espandersi le misteriose caratteristiche di un grande invisibile contrappunto emotivo e sragionevole, a volte anche con lo stupore di non averlo nemmeno voluto cercare né ottenere, badando sempre che non scivoli mai, per eccesso o all'opposto per codardia, in un qualcosa di altro e di così diverso che finisca poi per oscurarlo al suo stesso glimmer....
È solo quello che penso...
l.s.
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