Trovo la scrittura un affare meravigliosamente solitario.
Lo sento come il passaggio notturno in una strada che cambia, tra la pioggia, la nebbia, l'insicurezza della sua uscita, dove incontri un amico dopo anni. Uno che in fondo non hai mai perduto e che ti apre l'ombrello.
Non trovo altro spazio per orizzonti diversi da tutto questo. Che le parole che scrivo debbano trovare una direzione o meno, una sorta di senso o di approdo legittimato da criteri e da standard superiori, questo non le priverà della bellezza notturna del loro percorso solitario senza meta, che in ogni caso qualcosa mi avrà lasciato lo stesso. E che io sento comunque di difendere, una volta che decido di lanciarle. Nonostante.
Ciò che può accadere a uno scritto, non andrebbe mai troppo ricercato, forzato. Potrebbe sembrare un controsenso per uno che scrive tutti i giorni, ma molto spesso le stesse parole seguono percorsi impercrustabili e profondi, che sfuggono inizialmente agli stessi scrittori. Non trovo niente di male nel dimenticarsi completamente di loro. L'importante è allacciargli almeno le scarpe, prima di lasciarle andare con le proprie gambe. Se qualcosa dovesse avvenire, questo qualcosa dovrebbe coniugarsi in un percorso molto più ampio, dove il tuo burattino possa rincontrarti nella bocca di uno stesso pesce, forse oggi pomeriggio o forse mai più.
l.s.
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