Ho ripreso i due Tropici milleriani. Per la terza volta, credo, nella mia vita, mi immergo nel golfo delle grandi luminescenze, nel vascello, nel castello incantato dalle torri fiammanti. E ogni volta che ci ricado è come se quel libro non lo avessi mai letto: "Abito a villa Borghese..." e da lì scorre, scorre, in un flusso incostante e profondamente liberatorio come la vita e la profonda verità dei libri che ritrovi e che puoi abitare, distruggere, inventare, interpretare, mordere, con la temperatura del sangue che ti ritrovi in quel momento e senza provare mai noia e senza mai resistergli. Almeno ieri sera, le prime pagine del Tropico del Cancro mi sono sembrate tese e freschissime come non mai. Nitide e perfettamente agibili a ogni variazione sismica di tempi e dimenticanze.
Come forse dovrebbero essere tutte le vere grandi pagine.
l.s.
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