Il taglio di Tatarkiewicz è accattivante.
Chiudo i piccoli post di oggi, rimanendo in tema con un ricordo, che forse è una caratteristica che mi ha accompagnato in più occasioni: in effetti non ricordo malinconia più profonda che sentirmi e mostrarmi felice più di qualcun altro. Soprattutto più di qualcun altro che mi osserva e che mi crede più felice di quanto io davvero non sia e che riesce a gioire lo stesso della mia presunta felicità.
L'ho buttata giù così, ma è tremendamente vera.
A volte provo vergogna a esternare certi affari così complessi. La felicità non condivisibile sa poco di umano, ma molto spesso lo si dimentica e la si vive come una questione privata, solitaria, come un primato da raggiungere o un tenebroso affare di cuore.
La tristezza o la tendenza ad esternarla, di solito, pare parecchio più docile ed elegante e mi crea molto meno imbarazzo. Forse per il fatto che può sembrare più facilmente condivisibile e che si comporta in modo più prevedibile e meno selvatico.
È molto probabile che siano entrambe preziose, e allo stesso modo, alla nostra piccola e misteriosa economia emotiva.
Per stanotte passo e chiudo.
l.s.
2 commenti:
sono d'accordo, i sentimenti positivi sono più "bizzarri".
Un abbraccio
Francesco
Grazie della visita.
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