mercoledì 17 giugno 2009

Les ètrennes des orphelins

L'impatto con il primo testo par les poèsies di Rimbaud, nella pregevolissima edizione dei Meridiani curata da Diana Grange Fiori, mi rivela diverse importanti sfumature, a mio parere essenziali per il tentativo di acclimatarsi con il respiro e con i tempi più ostici dell'opera nel suo insieme, ancora oggi così singolare e in diversi punti più avanzati ancora meravigliosamente impenetrabile.
Il quadro sinottico del testo originale de "Les ètrennes des orphelins", rimane ostinatamente disteso nei fruscii degli ambienti e in quelli più profondi della solitudine disperata, quando saltano agli occhi i magnifici rintocchi: e quell'impercettibile chuchotement del secondo verso, letteralmente il sussurro. In questo punto mi sono soffermato a rileggere e a confrontare i due termini e a percepire la continuità del sibilo italiano con la diversa dolcezza quasi baciata del corrispettivo francese, e ancora i movimenti delle tende nel vento, che sembrano rappresentare un leitmotiv sotteso, costante: ...sous le long rideau blanc qui tremble, dove si realizza un effetto mirabilmente fotografico dello spostamento e insieme del nitore di una sonorità spettrale che si propaga, con l'ampiezza di un volo funebre di avvoltoio, sui punti successivi e soffocanti di quella stessa insolita bellezza e del vuoto fisico e tangibile della morte; e ancora effetti morbidi, avvolgenti tra l'ambiente interno e l'esterno: la bise hivernale, le tourbilloner, un bruit lontan, un lointain murmure...Sans clefs! Nella mirabile sapienza di un gioco estetico a tratti raggelante di angoscia e di grandissimi effetti visivi, Rimbaud lavora con lo stelo tremante e sensuale delle situazioni più distillate e rarefatte per oscillarsi al polso l'ampolla del suo liquore.
Le strenne degli orfani, lo stesso titolo che schiude in un paesaggio di ombra invasiva e già perenne, dal suo primo nobile ingresso dell'attacco: la chambre est pleine d'ombre...
Terribilmente incantevole.
l.s.

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