Esistono momenti di tempo sospeso, quelli dove muta la luce e il pensiero ti visita, come la sorpresa di un amico o lo sbuffo di vento dal fondo cupo di un vicolo. Come la Salerno antica e marittima di ieri sera e la calma di una passeggiata calda tra amici, per inoltrarsi nel corso e salire fino al Duomo e poi ancora una lieve discesa e la direzione del porto, schiarito a neve da uno schiaffo pieno di luna nel buio.
Ho trovato anche i Dialoghi del Tasso curati da Ettore Mazzali e a un prezzo stracciato, su quello stesso lungomare, quando c'era ancora la luce naturale e le persone, poche, ancora in costume. Peccato: solo il secondo tomo, ma l'edizione Einaudi era di certo molto affidabile. Perla degli anni Settanta, corredata da note approfondite per ogni pagina relativa al testo originale. E a quest'ora di oggi, che si prepara alla pioggia come una donna alla sera, rivivo il riflesso del pensiero e del pericolo del mio scrivere, a volte avvertito come un brutto castigo, o come quella strana castità implosa, che ti conduce ad esplodere troppo e in una volta sola nell' incoerenza marcia dei tuoi inutili vuoti meccanici. E se fosse tutto inutile, insensato, grottesco? Forse troverebbe un senso, definito, assoluto o mutante che sia.
Gorgheggio roco e concluso.
Cedo.
E ancora penso a Paul Auster, lucido e austero, che sembra aver centrato la violenza stessa del tema, senza cedere o tentennare:
"Comprendo che è impossibile entrare nella solitudine altrui. Seppure possiamo arrivare a conoscere molto parzialmente un altro essere umano, questo vale solo entro i limiti da lui stesso imposti".
A volte sono tentato di ritagliare e serbarmi ossessivamente i richiami più profondi in cui mi imbatto nell'attacco giusto di un testo, che a volte diventa una dolce sferzata di aliseo, in altre la stoccata piena di un sinistro, quando penso che vorrei scrivere soltanto di questo, e farmi trafiggere dal concetto di impenetrabilità dell'altro e continuare a cercare il punto dove abbia origine il tutto e poi stanarlo e guardarlo negli occhi, come una preda bianca e selvatica che ti scalcia di calore nei palmi aperti alla mascella. Ma alcuni personaggi, nei miei tentativi faticati di esplorazione, hanno già qualche lieve punto in comune tra loro. Forse è un piccolo inizio. Spesso avverto che cominciano a cercarsi, come per chiedermi di scambiarsi il numero e continuare a intrecciarsi in storie nuove, ancora insondabili e forse mai nate.
Adesso è arrivato un tuono. Esatto, impeccabile nella cortina opaca che le nubi mi ritraggono a dispetto, dalla finestra chiusa.
Penso ancora alla profondità dell'amicizia e a quanto valore abbia una buona compagnia sui confini e sulle luci dei luoghi. Penso che ci scriverò un racconto.
È solo l'inizio del pomeriggio...
l.s.
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