domenica 29 dicembre 2013

Arthur e Odile:



"Arthur disse che parlare d'amore così era una stronzata. Odile disse che le era scappato, ma che era vero. Poi camminarono al buio fino a Place Clichy, – di sera una delle più belle piazze di Parigi con la sua luce fioca. Tutto questo riportava Arthur e Odile a loro stessi, al presente, al passato, al futuro fatto di avventura. Dopo di che scesero al centro della Terra".

Testo estratto dal film Bande à part, di Jean-Luc Godard

sabato 28 dicembre 2013

Lucciole nei cassetti


Mi chiedi: della crescente chiusura e sfiducia che provo e sfogo verso i luoghi e gli spazi dove potrei ancora esprimermi. Mi chiedi: del crescente pessimismo che mi stringe quando comincio e mi scelgo.  Del fronte del porto o di questa linea d'ombra che non mi lascia un istante, ma perché non ti siedi.
Quanto vale questo attimo che sembra un niente, o quanto soffre quando corre un cavallo purosangue, un ghepardo, un trenino nelle foglie,  forse il tuo sguardo così dolce sull'atlante.
O della piccola scatola di Faulkner, che appena aperta conteneva le stelle del cielo. Di questo pensiero che devo spezzare mentre lo dico e del rumore di caramelle della pioggia che mi dispiace di lontano.
Oggi è l'azzurro veloce di un'isola che mi chiedi e poi ti siedi e correggi le cose più esatte e mi perdoni quelle sbagliate, come una che fa i compiti e china la testa della sua tristezza infinita, quella di chi studia a occhi socchiusi in cucina. 
Mi chiedi, ecco. E io mi chiedo questo: quanto sa di estate quest'inverno di pace assoluta, senza un grido all'aperto. Una sigaretta accesa, la crema di un tuo Mars o tutto quello che non mi dico. Un taglio nella bocca, questa parola che si mura e che non si svela. Il capezzolo rosato dalla tua camicia o l'amore di un cane. Che sole che c'è fuori. Come dissi un pomeriggio, questo nostro sole ha il tuo stesso bel culo. D'oro: che un po' ci ama, e forse stasera avremo le lucciole nei cassetti.
Però.

giovedì 26 dicembre 2013

Lontano dal vero


Quello che penso di descrivere e di trasferire su carta, è solo uno squarcio dalla feritoia di un uscio, la frazione momentanea di un'esperienza impalpabile, nulla di stabile, di eterno, di troppo vero. Se non avessi mai impresso quello che in quell'attimo pensavo, non sarebbe cambiato molto. La stessa cosa pensata, trasferita in un altro momento, anche soltanto dopo un'ora, sarebbe stata del tutto diversa.
Non credo che tutto quello che mi appartiene sia vero. Come potrò mai andare d'accordo con tutte quelle persone che cercano in un qualsiasi malfermo e incerto linguaggio, le voci e le corrispondenze di uno standard, i dogmi o la decodifica di una verità, quanto di un'idea controversa  e infantile di orginalità?

venerdì 13 dicembre 2013

Talemotion, presentato da Andrea Grasso:

martedì 10 dicembre 2013

Poco prima di un ballo in maschera: impromptu sul dire e sul dare


Quello che mi atterrisce sempre di più è la solitudine devastante che circonda oggi chi ha davvero qualcosa da dire. Chi ha davvero qualcosa da dire non potrà usare la tua formula esatta o più funzionale e di grido per dirla, ma quella che il suo dire nel dare gli consente e gli concede. Non ha altre strade né alternative. Se il suo dire deve essere filtrato con il tuo, o con quello che vorresti ti si dicesse, il suo dire muto avrà il suono di un'altra specie o meglio, sarà il tuo dire e non più il suo e perderà il suo senso e la sua funzione di essere e di dare, oltre al solo dire. Quando un certo tempo culturale in totale disfacimento, dispone spazi per modi e formule di dire che vengono preferiti alla qualità e al sentimento profondo  di un certo dare, non si avrà narrativa buona, non si avranno nemmeno persone migliori e strade ariose e assolate, ma i compartimenti stagni di un circuito chiuso, omologato e unidirezionale.
Il culto di una forma del dire che sia sordo alla profondità misteriosa dei contenuti, che non colga quello che brilli oltre il suo primo strato, disegna la certezza tragica e assoluta di un inesorabile declino generale della cultura e dei sentimenti di chi dice così come di chi tace.
Auguro a ogni artista, in ogni suo campo, di occupare lo spazio del cuore degli altri, con il proprio linguaggio, attraverso sentimenti e non formule magiche, stregonesche o ancora  peggio strategiche, accolte come toccasana o balsamo per la difficoltà storica del momento. Attraverso un dire che sia solo il suo e non quello, anche se migliore, di qualcun altro.
Me lo auguro, anche se questa strada è cosparsa di solitudine, quanto di cera il pavimento di un palazzo ducale, poco prima di un ballo in maschera.

domenica 8 dicembre 2013

Se qualcuno cucina di notte


Sul pianerottolo un odore di aglio che soffrigge e ancora altri piccoli aromi di chi cucina, fino a pochi minuti fa.
A quest'ora della notte, questi odori che in un qualsiasi mezzogiorno o mattinata del mondo lascerebbero appena sfiorati da quel tepore di attesa per il pranzo, – movimento di mani delicate o anziane, finestre aperte al sole, alla pioggia, alle nevi delle attese dei ritorni – diventano altro, qualcosa di misterioso e di appena incantato.
Pensando a chi cucini a quest'ora: se lo fa per domani e per una cena notturna e improvvisata, per l' 'arrivo improvviso e non annunciato di un grande amore, o solo per un attacco di fame, di panico, di dolore. Le finestre, intanto, brillano di rosa nella notte.

sabato 7 dicembre 2013

"Delle luci nella sera di un tempo": la terza sconfitta


Un mio racconto rifiutato tre volte, anche se in circostanze diverse.  È il caso di "Delle luci nella sera di un tempo. Doppio viaggio", una storia che continuo a scrutare da diverse angolazioni, per quanto sia insolita e misteriosa e per quanto sia puntualmente ignorata e non recepita (di solito è un buon segno), – ma questa  è responsabilità assoluta dello scrittore, per cui dovrò correre ai ripari, in qualche modo. La colpa è sempre di chi fa e di chi si espone, quasi sempre. 
Credo giusto che chiunque si esprima debba parlare anche dei racconti rifiutati, soprattutto di quelli, non importa se siano stati incompresi o delittuosamente e di gran lunga inferiori a quelli scelti e preferiti di altri scrittori: quello che conta è mantenere una propria sintonia con il movente di scrittura di quel testo, con la sua pulsazione primigenia che lo ha portato in quel punto preciso, con quei risultati.  Rimanere in contatto con la sua struttura e cercare di essere equanime e oggettivo anche dopo un responso negativo, la credo una fase importante quanto delicata di consapevolezza del proprio linguaggio, così come delle idee maturate sul proprio linguaggio.
Questa storia, intanto, pur con le sue atmosfere pesanti, nebbiose, forse anche patinata da un approccio un po' barocco e ridondante, ha però un suo nucleo e una sua anima nera e insieme delicata, che non riesco a guardare con troppa severità, nonostante la sua tripla sconfitta, perché questo modo di narrarla era l'unico sistema per modularla ed espanderla nella sua natura, senza alterarla e tradirla.
L'importante è saper perdere e farsi carico con grande umiltà delle proprie sconfitte, ma è altrettanto importante mantenere quella lucidità e quella fermezza interiore, in modo da rimanere coerenti con quello che si è fatto o disfatto o strafatto, nonostante i pessimi tangibili risultati. Un racconto potrebbe ottenere dei pessimi risultati ma non per questo essere pessimo, per esempio, e forse nemmeno così inferiore a quelli che hanno raggiunto e collezionato ottimi risultati.
Solo questo, credo, o immagino di sì.

Tra chi si accade


Certi ricordi scorrono dentro, come una Coca Cola ghiacciata nella notte. Non fanno parte del pensiero, ma accadono: sono accadimenti comuni, come un urlo lanciato o trattenuto, una pisciata al muro e la sua risonanza.
Sentire la propria anima, come i rintocchi lontani da un campo da tennis. E ancora: ricordarsi e dimenticarsi non solo di quello che si patisce e si ricorda, ma anche di chi lo ricorda. Se mi dimentico di me che ricordo, questo ricordo mi appartiene e mi assale al collo dentro una strana fucina di perdita, che, nello stesso istante in cui si accende, si dimentica per sempre di me.
Stasera, nell'attesa di un amico, accanto all'edicola, c'era una ragazza in lacrime. Era  piuttosto vicina a me. Anche lei aspettava qualcuno. Si gingillava col telefono, ogni tanto alzava il capo e il suo viso brillava di pianto. La sua amica le arrivava incontro con un viso arioso e disteso, senza accorgersi ancora di quel patimento. Quando poi la ragazza le era più vicina e cominciava a parlarle, anche il viso dell'amica si ombrava, appassionandosi del medesimo tormento, che mi rimarrà segreto per sempre. Forse: come tutti quelli che si provano e che ci si illude di conoscere e di controllare. Quello che ci accade lo sentiamo nostro, senza tastarne l'assoluta estraneità.  Quello che non ci accade, invece, lo sentiamo sempre più lontano, pur temendolo, ma senza mai tastarne e verificarne l'assoluta intimità. L'assoluta e insanabile  consanguineità tra chi si accade, non accade e ci accade. 

domenica 1 dicembre 2013

"Me l'ha detto Frank Zappa" di Zibba. Libreria Feltrinelli di Torino.

Me l'ha detto Frank Zappa from Carlo Molinaro on Vimeo.

giovedì 28 novembre 2013

DEMIAN Stagione 2: Davide Tarò e Luigi Salerno



martedì 26 novembre 2013

Sara Di Carlo intervista Luigi Salerno e Fabrizio Fiore:

Su Metropolitain girl: un'intervista della giornalista, scrittrice e fotografa Sara Di Carlo ai due ideatori del circuito Noctefilm, Luigi Salerno e Fabrizio Fiore.

venerdì 22 novembre 2013

"A lunch break romance" and "10 am Margarita", by Danny Sangra:

A Lunch Break Romance from Danny Sangra on Vimeo.

10am Margarita from Danny Sangra on Vimeo

Un estratto da "Perturbamento" di Thomas Bernhard:






Scelgo questo estratto per quanto mi abbia colpito e irretito, fin dalla sua prima lettura, così come tutto l'intero affresco dal quale è stato scelto. Un lavoro dolorosamente misterioso, e insisto con l'avverbio, dolorosamente, anche se può sembrare invasivo, intriso di lontananza, ingombrante e poco lineare: dolorosamente misterioso: ma non riesco a trovare altre parole per scrivere o descrivere di quello che ho provato e che ancora provo, di fronte alla circuizione più pura e assoluta che riesce a mietere questa sacca di angoscia.
A voi:

"Quando era bambino la nonna lo aveva portato con sé a raccogliere more in un bosco fitto, dove i due si erano completamente smarriti. Avevano continuato a cercare un modo per uscire dal bosco, ma non ci erano riusciti. Ad un tratto si era fatto buio, senza che loro avessero ancora trovato una via d'uscita. Continuavano a camminare nella direzione sbagliata. Infine i due, nonna e nipote, si erano accovacciati in un fosso e avevano passato la notte così, con i corpi stretti uno contro l'altro. Anche il giorno seguente non erano stati capaci di uscire dal bosco e anche la seconda notte l'avevano passata in un altro fosso. Soltanto nel pomeriggio del terzo giorno, avevano trovato una via d'uscita, sia pure in direzione opposta rispetto a Salla, il loro paese.
Completamente sfiniti, erano riusciti a raggiungere la casa più vicina, una casa di contadini.
Da questa avventura, che aveva portato la nonna rapidamente alla morte, il nipotino, che a quell'epoca non aveva ancora sei anni, era stato rovinato per sempre."

Thomas Bernhard dal romanzo "Perturbamento"

giovedì 21 novembre 2013

Chi si mette in gioco:


Chi si mette in gioco in parte si mette anche in giogo. Lo scegliere di tracciare anche un solo rigo, è come disporre una tavola imbandita sull'orlo di un abisso, dove ceni al buio e sul tardi, e qualcuno da una finestra sporca ti guarda. 
Una ragazzina sogna di soffocare nella sua stessa treccia, perché i suoi nonni non vogliono che sciolga più i capelli nel sonno, per una sorda superstizione.
Il tramonto cola di vomito sulle grandi campagne.
Un gruppo di ragazzini, si vanta di avere intravisto e poi palpato le mutandine nere di una cameriera zoppa, durante un suo momento di abbandono per un capogiro – o forse uno sgambetto: qualcuno di loro le ha impugnato l'orlo di una gonna con i denti, minacciandole il viso rugoso, i capelli e gli occhi  storti con l'accendino. (Un genitore di uno dei minori, soddisfatto,  racconta della sporca impresa al suo vicino).
Una ballerina si abbassa per allacciarsi una scarpetta al polpaccio, quando arrossa una sola guancia, accennando appena lo sguardo di streghina verso l'alto. Le luci si spengono in ritardo.
Un branco di cani, poco più avanti, squarcia una gallina.
I libri antichi schioccano come spighe, mentre i topi sbrillano e accordano i liuti sulle loro rovine.
Chi si mette in giogo in parte si mette anche in gioco.
In questo strano tempo, scriversi addosso è come farsi sotto: o è come dirsi di essere Napoleone Bonaparte: o sentirsi assonnare sul collo calmo di Dio...
Ingoiare una treccia rediviviva, nel sonno pieno, ed incontrare in un cantuccio il veliero della morte.
Per bruciare vivo, in un casale di fieno, dove non ci sono più porte.

sabato 16 novembre 2013

In un movente creativo


In un movente creativo, si attinge quasi sempre da uno stadio di effervescenza dei processi più comuni e rassicuranti di pensiero, oltre i quali si profila il buio oltre lo steccato.
Il valore di questo balzo arduo e complesso, in diversi casi rappresenta già una forma di valore e di giustificazione alla stasi rassicurante del tacere e della pace di chi tace. Il resto potrebbe essere del tutto relativo, non determinante per la completezza misteriosa di questo stadio di evidente alterazione.
Se durante lo svolgimento di un processo creativo la mia attenzione è rivolta al tipo di ascolto, di consenso, di effetto/affetto che il mio lavoro potrebbe o meno suscitare, lo avrò già tradito e accoltellato in partenza e avrò perso per sempre il flusso atonale di quell'effervescenza, e in automatico abbassato le luci in tutte le stanze del mio trauma.
Non riesco a dare spazio logico a quello che sia giusto fare: in un movente creativo, almeno nelle primissime fasi di formazione di un primo concetto, non devo permettere altre interferenze che siano estranee allo zampillo primitivo, a quel grande letto da disfare dopo una notte di incubi o di grandi giochi o amori clandestini.
L'attenzione scrupolosa, in quella prima fase di rottura del silenzio, alla densa rosa di estimatori o possibili aguzzini che incroceranno mai il mio operato, non farà altro che paralizzare la generosità selvatica di quel getto primo, impedirmi l'indispensabile allontanamento dal tipo di mero e rassicurante ragionamento solito, quello che uso per contare il resto quando compro, per comunicare con un consulente, per prenotare una stanza d'hotel, un posto in treno, un tavolo di ristorante.
La sfera intima di un processo creativo va protetta e non eletta per essere presentata a corte. Mi auguro di imbattermi in territori sempre più boschivi e intrecciati, quando scelgo di rompere il silenzio, che non mi lascino il tempo per altro se non di subirli nel loro sublime spavento, o nella loro razzia e spasmo raggelante di solitudine. È soltanto lì che brilla la mia libertà.

sabato 9 novembre 2013

Notte


Questo silenzio della notte, questo di adesso di cui posso scrivere perché lo avverto presente, ha il peso di un pugile nella gola e ride dentro la mia stanza come in una vagina. Il lume acceso sul tavolo è ordinato da questo silenzio. Così le penne e le matite. L'iPod. Così le pareti, l'odore familiare della mia casa, della mia cena, delle mie tende appena smosse.
Questo silenzio rimane puro dei suoi contenuti, di quello che è stato già detto prima e che sarà squillato poi. Non ha grammatica, talenti, fascinazioni semantiche, deserti, dirupi, confini, errori. Occupa una sua zona stabile e insondabile dove siedo. Gusto questa pace tombale di oceano, intatta di latte e di anime nere, di luci rosa e verdi, di candelabri, di cinema all'aperto. Dentro l'assenza di suono vorticano i miei ricordi come spettri. Senza parole si respira lo stesso. Si annega senza un fondo. Se ogni mia parola brillasse di questa rotondità, avrei l'esattezza dei 440 hertz, quando scocca il nucleo dell'accordo perfetto. Il cluster del pendolo di mezzanotte, che dopo anni riprende per incanto a funzionare, senza che nessun braccio al mondo abbia mai frugato nel suo confessionale o sportellino di sagrestia, dove è riposto il topo del suo cuore.
Ho sentito un clacson: un accompagnamento tardivo di una coppia di fidanzati tristi del venerdì. La sento scendere dall'auto, sepolta dal sonno, con la gonna stropicciata  e sporca di gelato. Lui la guarda incedere verso il portone. Aspetta che si giri, mentre lei apre una mano a fatica; l'altro sputa una gomma e fa manovra. Il motore si allontana, come la paura della luna e le mani addosso.
Ritorna la pace di poco prima, senza motori. Il silenzio è appiccicoso di gomma americana, come le parole e la ribellione di dire e di tacere. Le scarpe alte e infelici di un primo sabato allontanano i fantasmi nella cenere. La notte risale alla gola a frantumi. Zoppica.

domenica 3 novembre 2013

Ascenseur pour l'èchafaud:


lunedì 28 ottobre 2013

Candidature Casting "Giorno di compleanno": elenco attrici idonee




CHIARA MANCUSO

VALERIA NARDELLA

SARAH COLLU

ALESSANDRA SERRA

NICOLE PETRELLI

FRANCESCA FERRAZZO

GIOIA MONTANARI

LAURA LOCATELLI

CLAUDIA MIRINO

MARIA GORINI

BEATRICE BASSOLI

SARAH VECCHIETTI

SABRINA SCUCCIMARRA

ANGELA CIABURRI

CHIARA MASSA

STELLA FICO

JESSICA FAVILLI

ELENA FONGA

DANIELA DE VITA

LAURE FRANCHET D'ESPEREY

FRANCESCA ANTONUCCI

GAIA PICCIOLINI

IRIS BASILICATA

ELENA RAMOGNINO

CRISTINA TOCCAFONDI

EMANUELA TROVATO

ANNARITA COLUCCI

VITTORIA ORLANDO

GIULIA MALOSSINI

STEFANIA MONACO

EMANUELA CARUSO

CAMILLA DE BARTOLOMEO

GABRIELLA PETTI

FRANCESCA DELLA RAGIONE

ARIANNA ANCARANI

MARTINA PALMITESTA

RAFFAELLA ANZALONE

MARIANNA CHIAROMONTE

GIADA COLONNA

STEFANIA CAPECE

MARTINA MONTINI

DILETTA ACQUAVIVA

ELEONORA BOLLA

ELISA ARMELLINO

LUCREZIA MARZIALE

EMANUELA CICHELLA

ELENA STABILE

FRANCESCA ACCARDI

martedì 22 ottobre 2013

Miller e una strana locuzione



Non diciamo forse: "Vai a farti fottere!" Una strana locuzione.
Come se fosse possibile farsi fottere senza al contempo fottere qualcuno. Perfino in questo basilare regno di comunione, predomina la nozione che la scopata sia una cosa che si prende, non che si dà.

Henry Miller

lunedì 21 ottobre 2013

Casting "Giorno di compleanno"


Per il cortometraggio "Giorno di compleanno" cerchiamo:


- 1 attrice età scenica 20/30 
- 1 attore di età scenica 25/30
- 1 attrice di età scenica 25/35
- 1 attrice di età scenica 35/45


Il corto sarà girato in una unica giornata di shooting in location in corso di definizione (zona Lazio). Il lavoro verrà presentato a festival italiani ed internazionali. La prestazione verrà retribuita.


Inviare curriculum e show-reel al seguente indirizzo: info@noctefilm.com
Coloro che saranno ritenuti idonei verrano ricontattati per il provino su parte.



Grazie per l'attenzione,

Lo staff di NocteFilm

sabato 19 ottobre 2013

Rosso Paprika

Paprika Project from Studio RAY on Vimeo.

venerdì 18 ottobre 2013

In ricordo di questi giorni




Quest'estate ho acquistato un romanzo usato di Erica Jong, con un titolo estratto da una meravigliosa poesia di Neruda: "Malinconia nelle famiglie". Si tratta di "Paracadute e baci", questo il frammento utilizzato, due parole, che nell'originale sono interrotte solo da una virgola: paracadute, baci.
Ma non è solo questo. Un libro usato nasconde sempre un grande segreto, un mistero o una piccola spina dolorosa. Mi sono accorto solo ieri della dedica in corsivo, trascinata in una grafia semplice e poco attraente, semmai di una persona molto giovane, in un lontano Natale del 1985, in ricordo di un periodo passato insieme a qualcuno, a un gruppo di amici, a una persona molto amata o già perduta: "In ricordo di questi giorni"; e più avanti, dei segni a matita che battono il testo come scarponcini nella neve e allora ritorna anche la corteccia profumata di Neruda, la sua apertura fumante, che la scrittrice ha stoccato come uno stiletto:

Io so che ci sono immense distese nascoste,
quarzo in pezzi,
fango,
acque azzurre per una battaglia,
tanto silenzio, tanti
filoni di regressi e canfora,
cose cadute, medaglioni, tenerezze,
paracadute, baci.

Non sarà un caso questo rincorrersi di segnali luminosi e linee d'ombra. Un libro profuma e ancora consola e addolora del dolore e del sogno di chi lo ha attraversato. Leggendo un regalo di un libro attraversato da altri occhi prima dei miei, un Natale di ventotto anni fa, ripercorro altri sentieri e altri segni e altri regali, fino ad arrivare a Flaubert, proprio oggi pomeriggio, quando dice: "Non si sceglie la materia della propria scrittura, ci si sottomette a essa".
Amen, scrive la Jong, dopo la citazione.
È tutto?
Sarà così, immagino.

mercoledì 9 ottobre 2013

Considerazioni corsare su "Fatti corsari"


Ho incontrato Stefano Petti e Alberto Testone quest'estate, a Roma, in occasione di un mio lavoro al quale hanno preso entrambi parte. Avevo già visto e approfondito "Fatti corsari", questo documento splendidamente tenace e coraggioso, frutto di una loro riuscita e ispirata collaborazione; eppure avvertivo che quel lavoro continuava a brillare dentro gli occhi di entrambi,  a rimanere vivo durante ogni istante del nostro incontro, come un profumo di mosto, una cicatrice da vecchio rasoio.
La sensazione di sentire ancora percettibile la loro opera legata alla loro persona, è stata molto forte, fin dai primi momenti di contatto. Il personaggio – persona di Alberto Testone, così come la direzione e la filosofia fotografica di Stefano Petti, si sono accorpati in una dimensione altra, molto intima e nutriente, dove avevo la sensazione di stringere la mano al sentimento e alla magia di un film attraverso le loro personalità e non solo a due artisti che quel film lo avevano soltanto fatto. Alberto e Stefano quel mattino erano il film "Fatti corsari". Chi davvero fa e sente il (bi)sogno di un film, lo diventa, in qualunque caso e senza speranza, come si soccombe e ci si perde nella scia stregante di un grande amore.
L'artista, in questo tempo, l'artista autentico che osa e che rimane impiantato dentro la polvere  del suo viaggio, è contagiato per sempre dalla colpa e dalla maledizione del suo sogno, che è anche la sua unica malattia. Questo meraviglioso contagio, in cui la finzione e la realtà si compenetrano e si dissolvono l'una nell'altra, è una prova tangibile dell'efficacia e dell'intensità di una direzione stilistica, di un proprio particolare sonoro di rivincita. Un passaporto sicuro e felicemente clandestino per fronteggiare l'indifferenza e la dimenticanza di quest'epoca ottusa e muta, ma protetta, incoraggiata e preservata dalle stesse tenebre dei suoi vuoti e del suo totale disfacimento.
"Fatti corsari" a mio parere, è un'operazione moderna e generosa, quanto potente e balsamica. Una ventata di aria aperta e selvatica, forse anche un antidoto contro il paesaggio tombale di prodotti commerciabili e defecabili in giornata, da consumare come un coito velenoso con una sconosciuta, e poi da rottamare, per consumarne subito altri, così come lo stesso Pasolini aveva profetizzato, in tempi apparentemente non sospetti.
"Fatti corsari" mi risuona oggi come un'operazione controcorrente, ampia e non circoscritta a un solo parametro. Sentita, patita e non solo pensata o pesata per un effetto o una trovata che funzioni da meditazione nostalgica su di un poeta e un intellettuale geniale, quanto controverso e discusso. La rivisitazione della figura, ma anche e soprattutto del contesto e dell'humus di Pasolini, è invece parte di un percorso molto più ampio, che a mio parere esplora, partendo da quelle linee fondamentali, diversi altri aspetti poco comuni e convenzionali: un'analisi di un territorio ancora sacro e archetipico, più che di un poeta, o forse delle sensibilità e dei bagliori di un luogo materno e tragico, che ha ispirato e ingoiato come uno squalo un poeta, ma che palpita ancora delle sue ombre rosse, come nel campo lunghissimo e sfocato di un vecchio western, dopo un massacro di pellerossa... 
La somiglianza del protagonista con Pasolini è sapientemente viziata da un senso doloroso e magico di perdita, di maledizione malinconica e ansiosa, che fuma, in diverse inquadrature su Alberto, come dalle fauci di un ultimo drago. Il viso di Alberto è una pagina infinita di misteri e divinazioni, che ha scolpiti insieme il disincanto e la delicatezza feerica di un altro grande sogno, ugualmente alto e tragico, quanto quello di Pier Paolo. 
Forse la pagina di quel viso è rappresa della luce di Roma, credo tra le più belle luci del mondo, quella stessa che mi ha fatto prendere il treno, lo stesso giorno del mio incontro con Stefano e con Alberto, con qualcosa dentro in più e di mai stato. 
La stessa luce che Stefano Petti ha lasciato scorrere in uno degli affreschi documentaristici e cinematografici più voraci, raffinati e ispirati di questi ultimi anni.



martedì 8 ottobre 2013

Straordinarietà e malinconia infinita

Questa sera, sulla scala mobile della metropolitana, una ragazza a Napoli, che mi stava qualche gradino davanti, mi impediva di proseguire perché stava provando a testa bassa un passo di danza molto leggero, con le caviglie, i polpacci, le ginocchia, occupando, con le luci di una sola gamba, dal lato destro dove era posizionata, il lato sinistro che stavo appena per impegnare.
Strano, se lì fuori c'è solo la scuola di scherma.
Rallentavo e mi fermavo, come se non ci fosse più fretta, forse per non interrompere il suo piccolo numero di magia. 
Quando alzava la testa e si accorgeva di me, la ragazza o ballerina clandestina mi sorrideva arrossendo  di una malinconia straordinaria e infinita; facendomi spazio.
Così.

sabato 5 ottobre 2013

Hamlet


martedì 1 ottobre 2013

Gehen (A Thomas Bernhard's perspective)


venerdì 27 settembre 2013

Cronaca di un mistero


Il disegno terso di un grido sforma il pomo nudo dal nodo di una cravatta a lutto, la fascia tesa sul braccio occluso dall'ultimo infarto.

L'uomo, che è molto sudato, le si avvicina  e si accovaccia, mentre la sua prima figlia
si impregna della sua tosse vecchia e sorride al mare verde come appena dipinto, dalla vasca.

Si levano pavoni distanti, dalle piume spruzzate di rame, con dei flautini infranti nelle gole azzurre.

Le reti pulsavano di marmore, nel fumo rosato del tramonto. Le tirava una donnona dalle braccia grasse, i polpacci affossati e arrabbiati di vene.

Qualcuno che poi ha sentito uno sparo; qualcun altro uno schianto sordo,  dal villino 
liberty e triste lì accanto.

Più tardi ancora,  nella notte fonda: il rimbombo tombale di un pianoforte.

giovedì 26 settembre 2013

Pilar, Finito e la musica di una banda che passava a Valencia






Ho assaporato questo passaggio dall'incantevole romanzo "For Whom the Bell Tolls", di Hemingway – credo che sia assolutamente superfluo, quanto meno per i veri appassionati "purosangue" dello scrittore, tradurne il titolo dall'originale, anche per non perdere la purezza del rimbombo selvatico e della possenza (che sarà poi diffusa come una spezia in ogni cellula del romanzo), lasciandolo così indisturbato nel suo assetto  primario.
Non voglio aggiungere troppo, prima di lasciare chi leggerà l'estratto di questo post al mare di queste penombre, al vizio di estasi  e di succo di cui questo breve estratto è rappreso e del quale ancora profuma e cattura. In certi frangenti si diventa prede, che aspettano la rapina. Non altro.
Aggiungo solo questo: Hemingway non è solo asciuttezza, precisione, massima economia. Non è solo artigiano dello sparo secco e indovinato nel segno, della traccia scarna e ruvida della frase, della cellula rotonda che si basta e che non ha bisogno di altri ornamenti superflui per espandersi. Ma è anche molto altro. Come in questo esempio, dove è proprio una donna che parla e racconta: si tratta di Pilar, la donna di Pablo.
Ascoltiamola:



"Qué va" disse la donna di Pablo. "I meloni di Castiglia servono per masturbarsi, quelli di Valencia si mangiano. Quando ci penso, lunghi come un braccio d'uomo, verdi come il mare e freschi e pieni di sugo se li tagli, e più dolci di un'alba d'estate! Ah, se penso a quel mucchio di anguille minuscole sul piatto, così delicate e tenere! E poi tutto il pomeriggio boccali di birra, birra freddissima che trasudava nei boccali grandi come brocche d'acqua."
"E quando non mangiavate o bevevate, che cosa facevi?".
"Facevamo l'amore in camera, con le persiane di legno abbassate sul balcone e una corrente fresca che entrava dal vano sopra la porta e la faceva girare sui cardini. Facevamo l'amore là, in quella stanza tenuta al buio di giorno, con le persiane abbassate, e dalle strade veniva il profumo del mercato dei fiori e l'odore di polvere da sparo dei petardi, delle tracas, che durante la feria si snodavano in lunghe file per le strade e venivano fatti esplodere ogni primo giorno, a mezzogiorno. Tutta una catena di fuochi d'artificio, da un capo all'altro della città, tanti e tanti petardi infilati nello spago, che scoppiavano lungo i fili e i pali del tram esplodendo con gran rumore, saltavano di palo in palo con uno scoppiettio e un fragore che non si può credere...Facevamo l'amore, sì, e poi ordinavamo un altro boccale di birra con le goccioline fredde sul vetro, e quando la ragazza lo portava, io andavo a prenderlo alla porta  e mettevo il vetro freddo sulla schiena di Finito che se ne stava steso e dormiva e nemmeno si svegliava quando arrivava la birra, e lui diceva "No, Pilar, no, muyer, lasciami dormire" diceva.
"No", dicevo io, "svegliati e bevi, vedrai com'è fredda...". E lui beveva senza aprire gli occhi, e si riaddormentava, e io mi mettevo ai piedi del letto con la schiena contro un cuscino e lo guardavo dormire. Era bruno, nero di capelli e giovane e tranquillo nel sonno, e io bevevo tutta la birra del boccale e ascoltavo la musica di una banda che passava".

Ernest Hemingway










mercoledì 25 settembre 2013

Pensiero è scrittura


"Il pensiero esiste soltanto a partire dal momento in cui si formula, vale a dire si costituisce grazie alla realtà delle parole".
Clément Rosset.

lunedì 23 settembre 2013

I suoni di molte anime


Molte persone mi rimangono dentro, nell'aria della mia vita, come campanellini di biciclette. Ciascuno il suo timbro, il suo tono, la sua fatica radiosa di esistere, accomunate da quel tocco confidenziale e delicato, che mi scorge in lontananza e mi fa svoltare, come un tornante, quando ci sono e poi non ci sono più...
Rimanere nell'aria come un campanellino di bicicletta, in diversi casi può significare rimanere dentro un'altra vita per sempre, anche dalla traversia di un solo attimo. 
Tutto questo fino a quando vi saranno strade in leggera discesa per chiedere spazio, e quel filo di dolore nel sentirli svanire e nel morire un po' con loro, quando ormai non si avvertono più, e quando ormai non mi avverto nemmeno più io.
Credo davvero che i suoni di molte anime brillino dei campanelli delle biciclette. Ne sono certo.

domenica 22 settembre 2013

I treni e la sera


Credo di poter imparare a capire e a sentire meglio le persone in base al loro amore per i treni.
Per i treni della sera, quando le stazioni sono appena illuminate.
Aspettando un treno nel silenzio mi sento e sento l'amore, l'importanza del sentirsi amati di sera.
Ho imparato che cosa potrebbe essere l'amore, anche guardando molti treni. Molti treni della sera.

venerdì 20 settembre 2013

I tre nuovi ingressi nel cast de "L'effetto Shepard".


Da ieri sera, ufficialmente, tre attori professionisti e molto bravi, si sono abbinati al mio progetto "L'effetto Shepard", e sono presenti nel cast artistico.
Accolgo con gioia e con emozione il loro ingresso, anche se in una fase ancora così fragile e iniziale del viaggio, dedicando loro e ai loro visi la pagina di questo post e includendovi anche l'attore Alessandro Cimarelli, che li ha preceduti di poco:

Sabrina Crocco, attrice


Fabio Pasquini, attore

 Sabrina Iorio, attrice

Alessandro Cimarelli, attore





giovedì 19 settembre 2013

L'effetto Shepard: il forum ufficiale




Da ieri è attivo il forum ufficiale del progetto "L'effetto Shepard", del quale sono amministratore insieme a Fabrizio Fiore. Nel forum coesisteranno sia i comparti dello staff tecnico e del cast artistico, con i relativi aggiornamenti, approfondimenti e argomenti di confronto, che una zona aperta a chiunque voglia seguirne da più vicino gli sviluppi, le sorti e tutto l'itinerario da una sua zona appena più interna.

Al buio


Al buio:
stanzio in silenzio l'alto dell'aria intera alla mia notte. Coperta ricamata a mano, corsara di un indaco di vicoli a lutto, barlumi notturni di orti bagnati d'avorio. Appena un frusciare di viali, in un canto fresco di donna da una finestra appannata, che fascia di suono lo scorrere del fumo sul polso, come sussurro fitto all'orecchio in un abbraccio. 
Passa il sonno e il suono, con il sorso di fuoco del giorno. L'umido vasto della corte incava i visi inclinati come un coltello azzurro nelle noci. Scomparsi gli ultimi alberi, le rare voci dei salmi, i pochi ricordi, nella buonanotte nebbiosa e infelice di chi fa tardi.