Nella cristallina introduzione di Italo Alighiero Chiusano al romanzo "Altezza reale" di Thomas Mann, si tocca un aspetto fondamentale sull'ispirazione. Su quello che concerne il reale (o anche irreale) abbandono alla maledizione dello scrivere, – è lo stesso Mann a forgiare quest'espressione così vera – nell'ascolto della purezza dei suoi tempi interni e dei suoi richiami, quelli profondi e soggiacenti alla sua natura umana e creativa. Da qui una prova di grandezza, una delle tante, di Thomas Mann:
"Una delle prove della grandezza di Thomas Mann è ch'egli non abbia perso il suo equilibrio dopo il trionfo dei Buddenbrook, così come per Goethe il non essersi lasciato condizionare dal delirio di massa con cui fu accolto il Werther. Freddo e tranquillo, Thomas Mann scrisse, secondo i tempi interni della sua natura incline alla meditata lentezza, solo i libri, i racconti, i saggi ch'era disposto a scrivere o che addirittura gli premevano dentro. E quando qualche progetto – ad esempio un romanzo intitolato Gli amati o più tardi un dramma su Lutero – non giunse dentro di lui alla perfetta accensione, egli non ascoltò né inviti di editori né richieste di pubblico né il suo stesso desiderio di produrre e di pubblicare, e accettò dolorose rinunce, non volendo forzare la nascita di ciò che pareva non voler venire al mondo [...]".
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