Questa raccolta di racconti di Marco Freccero rappresenta la prima parte di una trilogia: "La Trilogia delle Erbacce".
Ho trovato questi racconti davvero molto validi e di una bellezza profonda e sobria, poco comune. Una bellezza non appariscente ma molto intima, che arriva sempre un po' dal basso e non dall'alto, in alcuni casi in una costante obliquità di sguardo. Sono delle prove narrative di indubbia efficacia, testimonianze di una voce sicura, chiara e ispirata.
I racconti sono curati e sviluppati nel loro più piccolo dettaglio, ciascuno con una sua anima e personalità, ma rimanendo anche sensibilmente interrellati, l'uno all'altro, come inquadrature e scorci di un unico territorio sentimentale di vita e di scrittura.
Sono tredici storie molto forti e riuscite, tenute vive da un polso acuto e silenzioso, in perenne contatto e sintonia con le cose e con le ferite delle cose, come con la febbre dei sapori, delle sensazioni, delle risonanze emozionali che costellano e intessono con grande cura questi scorci narrativi e i loro protagonisti. Molti di questi crollano spesso il capo, in posizioni e condizioni diverse e frequenti, quasi per sgranare il canto stanco e tipico della propria specie – spesso pericolante e instabile quanto le loro situazioni familiari o lavorative, i loro sentimenti, le loro abitazioni, certezze e verità in perenne estinzione.
I passi lenti e profondi dei personaggi avanzano e retrocedono, ma tengono sempre molto bene il tempo e la loro tensione espressiva all'interno di un territorio oscuro e costantemente minato, pur nel tangibile tormento di vita che li caratterizza, quello stesso che li definisce e li tiene ben desti, avviluppati al clamore e al dolore della vita, come a una fibra di cui sono ormai essenziati, imprescindibile dalla loro natura. Anche nel patimento e nelle lunghe ombre di queste storie, queste anime tradiscono una tenacia e vitalità primitive, che lasciano sempre il segno di stiletto anche nell'aria fredda di quello che accade, come di quello che rimane fermo, paralizzato in un'eterna e vibrante attesa.
La scrittura di Marco Freccero si muove con il passo incisivo e vibrante dei suoi personaggi, mentre li forgia da una prospettiva personale e molto clinica, portata avanti con una costante pazienza artigianale, che mi ha convinto e suggestionato molto, fin dalle prime pagine. Molti incipit di queste storie hanno una forza di esordio esemplare. Diversi attacchi, molto stabili e puliti, sono pregni di una loro esattezza intrinseca e toccante.
La scrittura di Marco Freccero si muove con il passo incisivo e vibrante dei suoi personaggi, mentre li forgia da una prospettiva personale e molto clinica, portata avanti con una costante pazienza artigianale, che mi ha convinto e suggestionato molto, fin dalle prime pagine. Molti incipit di queste storie hanno una forza di esordio esemplare. Diversi attacchi, molto stabili e puliti, sono pregni di una loro esattezza intrinseca e toccante.
Il colpo e il quadro d'impatto è quindi già un suo nucleo formato e originale. Il personaggio nella sua prima luce è già afferrato e blindato nella sua genesi o radice. Marcato in zone critiche e cruciali della sua interiorità. In alcuni incipit il lettore ha già afferrato il sentimento della storia e del personaggio, eppure è portato a rimanere sempre in guardia, perché nulla è mai detto, scontato, definito; nemmeno nei finali. Non si proclamano diktat o verità, in queste storie, ma si delineano sfumature di un reale sempre mutante, controverso e impenetrabile. Il tutto, intanto, non è mai gridato, ma è invece rivelato in un raffinato sottovoce, un basso continuo che pulsa dentro e intorno alla vita, nelle sue occulte e complesse diramazioni verticali.
Rimanere silenziosi e discreti, ma nello stesso tempo presenti e sensibili in questo apparato e tessuto vitale così fibroso, è una delle sfide più difficili per uno scrittore. E Marco Freccero narra queste storie con dei tocchi precisi e spogli, spesso essenziali, rimanendo sempre a contatto con il loro mistero, senza azzardarsi mai a svelarlo o a celebrarlo.
Marco ha un taglio narrativo lucido, analitico e controllato, ma nello stesso tempo anche molto ispirato, rivelando un fare artigianale e zelante, che sa della lentezza, della classicità e del riserbo di un altro tempo. È molto interessante il tipo di tecnica esplorativa e descrittiva che Marco Freccero utilizza nello svelare gli scenari e i luoghi più svariati dove si muovono e si formano le trame dei suoi racconti.
Tra quello che nelle storie le persone in apparenza comuni dicono, tacciono o fanno, ci sono sempre, sullo sfondo della sua Liguria, oggetti, squarci di paesaggi, strade extraurbane, stazioni di servizio, ma anche suoni, sussurri, case, bar, fabbriche, cantinole, retrobottega, camere di ragazze chiuse a chiave dall'esterno. Un macchinario di luci e di suoni, che cesella il sentimento di solitudine di un mondo ancora e sempre nuovo e intatto, ancora tutto da scartare, fin dalla prima posa di sguardo, dove la forma racconto si esprime e si riproduce mirabilmente in modo composto, armonico e riuscito.
Ringrazio molto lo scrittore Marco Freccero per quanto la sua scrittura così generosa, posata e profonda, sia stata in grado di regalarmi, attraverso e oltre la durata della sua lettura.
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