giovedì 16 dicembre 2010

Un piccolo lume acceso alla mia vita (Riflettendo sul racconto "La compagna di classe")

Immaginare tutto racchiuso in una grande lettera, da indirizzare a qualcuno della mia  vita, che ancora non so, ma che lo sfociare del mio gesto di scrivere, rianimerà gradualmente dal suo primo possibile buio, da una cortina confusa di fumo bianco, ai primi tratti di una o di più fisionomie parallele, già viste, dimenticate o già incontrate e perdute. In fondo uno spasmo espistolare, non è poi così lontano dall'intento primario di un'espressione artistica; l'affetto intimo riposto in una lettera può ricordare un'ispirazione letteraria che senza la vita e l'istante lampeggio di qualcun altro, non avrebbe mai avuto vita o preso luce. Un'unica grande lettera cominciata nell'assenza più totale di suoni e di pensieri, in un'arnia preconcettuale, imbevuta di lune nuove  e di campagne spente; in piena notte, nel silenzio, o nelle primissime luci dell'alba, quando riesci a sentire il cristallo ghiacciato dell'aria fuso nel tuo respiro e il piccolo fruscio della penna sul foglio che a volte ti addormenta e ti risveglia, nello stesso gesto insonorizzato di una civetta delle nevi. Credo ancora in questo strano movente, dove qualcuno, qualcun altro,  di cui forse davvero non ricordo, è rimasto a digiuno di una mia parola, di una mia descrizione, di una frase. Perché dedicare del tempo alla mia idea sragionata del linguaggio, senza che ricordi o che rianimi a memoria la sola ipotesi di un suo viso, di una sua sessualità, di un suo passo nella mia esistenza? Un suo pensiero, la linea di una sua mano, l'abbozzo di un suo profilo. Qualcuno che forse non mi avrà mai scritto, e al quale concedo le porte dell'inferno o del mio animo, in una sola stoccata di chiave. Tutto potrebbe essere racchiuso in un arabesco epistolare, screziato di piccoli fiocchi poetici, quanto di grandi fiammate anarchiche e cubiste. La scrittura diventerebbe una lunga confessione per qualcun altro. A volte la confessione di qualcun altro, la lampada di Aladino, la cassapanca dei segreti, degli scheletri nelle ragnatele, dove non rimarrei che un semplice testimone, stordito dalla perdita eccessiva di sonno. Non ricordo momento più ispirato, che il desiderio di cominciare una lettera, per un destinatario sconosciuto, appena sveglio e travolto da una sferzata di energia. Con il freddo che taglia il viso e le pareti della casa. Un piccolo lume acceso alla mia vita.
l.s.

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