Questo scritto è nato da un solo mio scatto di te. Ho ragionato del tempo se inserire la tua foto o meno, poi ho smesso di ragionarci su perché certe scelte non si pensano, ma si amano...:
"Da questo mio scatto una linea d'ombra, o forse quella ferita preziosa che ci ha avvicinato e sognare di essere te per non morirne.
L'espressione del corridoio di noi due, tra le fermate di Saint-Lazare e dell' Opéra, i tuoi occhi si accendevano di candelabri e camere mortuarie della metro: quando mi arrivavi a chiudere un polso nella mano per imparare le prime volte il fuoco delle direzioni già difficili, come una figlia più grande di me, che pensavi di non ritrovarti più e camminavi ancora vicino a me, che eravamo da soli e io sono innamorato di te.
Non mi ricordo quello che ti dissi dall'inizio, era Agosto e non c'era più nessuno. Non sapevo chi fossi, Francesca di Agosto e Francesca notturna e dell'insonnia di Mezzanotte o dei miracoli, e provando da subito lo spavento dolcissimo di non scoprirlo mai. Fantasmica, come una Domenica pomeriggio di poca pioggia o di Primo Maggio, forse perché cominciammo a parlarci a notte fonda, senza reti e senza occhi, che non reggevo lo sguardo verso di te nemmeno di sera. C'era solo il grano tiepido dell'aria di quella notte così strana e la bellezza del nome e degli occhi di te come se da sola o Parigi, che ci ha cambiato la vita, e quella stessa strana solitudine di questo scatto o bacio francese di molti anni dopo, che mi aveva già rapinato da prima con la punta feroce di un gomito stretto alla gola, nell'arcipelago in autunno della tua dissonanza e dolcezza di esistere, con l'impaccio da soli appena dolente in una città straniera e il tuo primo aeroplano, mentre il tuo sguardo nel primo sonno staccava in decollo parallelo nel mio sterno azzurro.
Forse per quella stessa idea di malinconia, così elegante e così più imperscrutabile la tua: "la tua malinconia mia" con cui ho capito di amarti dall'inizio, e quella della tua vita un po' rallentata spaventandoci nell'interno notte di quell'attimo come nello scatto della foto che io non potevo esserti mai vicino -la macchina non era nostra e non ci capivamo niente di autoscatti e rimanesti male: nemmeno una da vicini in un luogo veloce e lontano- e guardavi la mia vita e la tua e già vedevi quello che ancora non scrivevo e non scattavo di me: "Tu devi scrivere" me lo hai detto prima tu...e io che non capivo o non ti sentivo, che forse ne provasti paura delle mie parole nella sera e della stessa mia vita tua, in cui ci accorgemmo di cadere, ("i fall in love": solo gli inglesi hanno capito a dovere la perfezione della resa all'abisso) e dimenticare la frattura e la poesia del tuo silenzio perfetto e i biglietti d'amore all'ingresso di casa e la tua macchina rubata e ritrovata, il tuo fidarti dell' ultimo attimo e lo strano incantamento geloso di un sorriso sfinito, se ancora più stregata dalla dolcezza di un mal di testa che ti fa così assorta di te e ancora addormentarti di un mio bacio rubato, sfiorandoti i capelli raccolti, tremando nelle ossa e nel cuore come non ho mai tremato in alcun altro luogo, o forse di una storia senza scrittori e portanti, e non ancora mai raccontata, perché tu ami farti sempre un po' da parte e non forzare mai troppo e rimanere dentro la foschia di questo tenue lume candente e indefinito che è il tuo sfumare innamorando e senza il tempo: mai ostentato, nell'inferno infranto di tutta la mia complessità e la tenerezza screziata del sogno alla candela che consuma e dall'errore di soffio ci sporca, e in questo sopore di antico fumoir che mi sciogli ancora dalle finestre accese di casa, i treni della notte e gli ultimi metrò i più lontani, perduti insieme...
your sincerely,
your sincerely,
3 commenti:
Ti amo, Luigi.
Francesca
p.s.
di più...
E' commovente, vera, qui non sei scrittore, qui non fai scrittura, qui non ami la scrittura, ami lei.
Sei grandissimo!
Splendido, è bella lei, la lettera, la musica, sei bello tu che non eri scrittore, ma persona innamorata...
Ciao Sm
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