L'idea di presentarsi rimane una piccola scommessa, quando si decide di inviare a qualcuno i lavori che si considerano maturi. Cerco di preparare presentazioni diverse, ciascuna per le diverse destinazioni che le spettano. Forse perché non amo espedienti o automatismi preconfezionati nello scrivere, non amo ripetere oggi le cose fatte in serie già ieri. E poi oggi non sono più quello di ieri. Penso che si cambi e si muti in continuazione e anche una presentazione deve essere fedele al mistero di questo incessante e misterioso mutamento.
Eccone uno stralcio, preparato giusto ieri sera, prima di cena e non ancora inviata.
Diciamo ancora "inedita":
"Scrivo per amore, o per una strana forma nervosa, che mi porta ad amare i fantasmi delle mie storie.
Lo faccio con allegria, a volte con angoscia, con rabbia o con grande tristezza.
Ma lo faccio, comunque. Perché trovo che in ogni piccola cosa che si intraprenda, conti ancora molto la pratica.
Scrivo tutti i giorni, nella mia stessa stanza, l'ultima della casa. Situata nel fondo, come in un vagone ferroviario di un vecchio treno abbandonato.
Lo scrivere è una delle poche cose che non riesce a stancarmi.
Non ho un movente preciso. Non so che senso abbia per gli altri quello che scrivo, ma una storia finita ha sempre delle sue risposte precise, e personalmente riesco quasi sempre a spiegarmela o a farlo quando qualcuno me lo chiede.
Mi auguro di riuscirlo a fare anche con qualcun altro che non sia io. A volte immagino la cattura di un lettore o di un'attenzione autorevole di addetti ai lavori, come una piccola impresa, come afferrare qualcuno alla gola e di spalle, con il manico di un ombrello, o soffiargli sul viso in piena notte, mentre sta dormendo. In qualsiasi caso è imprevedibile sapere dove arriveranno mai le mie parole. Ma io ogni tanto le lascio andare lo stesso. Forse il bello è proprio questo.
Qualche esperienza...".
l.s.
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