Sergio Corazzini scriveva a notte fonda.
Un Crepuscolare che leggo e rileggo da poco, e che mi traccia un sentiero strano e invitante, tra i suoi riferimenti di un simbolismo minore, le sue delicatezze estreme e rarefatte, le sue scelte stilistiche profondamente ispirate.
I suoi Maestri: Francis Jammes, Verlaine, Laforgue.
L'atmosfera del verso di Corazzini sembra vivere dei tempi sofferti del suo respiro.
Minacciato dalla tubercolosi, rimase semplice e autentico nel suo canto "modesto" di organetti, fatto di spazi piccoli ma vitali di grandi distese intimistiche, di luci basse, domeniche serali rarefatte, sfumate (
Libro per la sera della Domenica(1906).
"Che hai? Malinconia di morire?" Questi versi, da
Spleen, titolo ispirato a Baudelaire, solcano un po' l'attacco dolce e struggente dei suoi tempi sognanti e rassegnati.
Ancora un volta si evincono rifiuti chiari e alternative ricercate e ispirate, al clamore marziale delle opere del D'Annunzio, al superomismo, avvicinandosi maggiormente alle atmosfere del Pascoli, meno accecanti e sonore.
Ma intanto era lo stesso D'Annunzio ad aver inaugurato quei toni sfumati di grigiori cupi e silenziosi, con la differenza che non costituivano pienamente il perno della sua produzione ma solo una zona diversa.
Corazzini riuscì a scrivere abbastanza, nonostante il suo male che pervadeva buona parte dei suoi registri espressivi:"
Oh, io sono veramente malato!/E muoio, un poco, ogni giorno...oggi io penso a morire", come dimostra in questi versi tratti da
Desolazione del povero poeta sentimentale.
Avverto questo spegnersi, questo sfumare che all'improvviso riprende a vivere, nella sensibilità delle luci più fioche, dei piccoli effetti morbidi delle strade meno affollate, dei momenti di mistero e di riflessione, nell'amore impossibile per la malinconia.
Tra le sue raccolte ricordo i
Poemetti in prosa, Poesie edite e inedite, Liriche.
l.s.