giovedì 20 novembre 2008

La luna


Prima del suo assetto definitivo, così morbido e italiano, la luminosità del nostro satellite ha vissuto piccole torsioni linguistiche, che lo hanno poi disteso nel tempo in quel suo velo calmante di neve, che ancora soffia sui cieli estivi del nostro immaginario.
Partendo dalle origini, si è parlato di lusna, della lux latina e quindi di luxna. Dunque come origine la luce, e non c'è da meravigliarsi. Ma lusna è moto più liquido e disteso di luxna, anche se questo sibilo dà l'impressione di un tornio, e anche il numero dispari delle lettere inficierebbe la grandiosità delle trovate metriche, degli effetti di luci e di ombre, di quel respiro bianco così tipico e rassicurante sui caseggiati più romantici della nostra letteratura.
Parliamo però di termini latini molto antichi, che saranno stati caratterizzati dall'impermanenza della loro tensione a trasformarsi, ad ammorbidirsi.
Un termine accomodato e impastato forse per ispirazione della pace delle grandi osservazioni astrali; un antidoto alla loro inquietudine occulta.
Uno stacco nel buio.
Concludo con un omaggio al poeta Alfonso Gatto, che nel suo lavoro profondo sui versi, avverto ancora di più molto lunare, con quella sua distesa calmante di grandi intensità e di immagini ventose e un po' sfuggenti, soprattutto nelle sue chiavi più ermetiche, fino a rievocare la forza magnetica dei grandi pleniluni:
"La luna è al lago alla sua bianca rete
nella notte che cielo e terra aperti
all'aria ne respirano la quiete..."
A. Gatto

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