Scrivo tutti i giorni. Non per disciplina ma perché lo trovo naturale. Non credo di scrivere tutti i giorni perché si dice che sia molto importante mantenersi allenati; o perché chi scrive davvero scrive tutti i giorni o perché lo dice King. Se non fosse qualcosa di naturale farei altro, qualcosa di altrettanto inutile, forse, ma naturale. Inutile perché non esistono garanti o garanzie in quello che si sceglie e non si sceglie di fare. La probità del talento soccombe all'orgasmo del caso. Qualcuno che ha qualcosa da dire è sempre fuori fuoco, tranne se non lo incroci il caso. Ciascuna strada per chi scrive è al buio. Nella bellezza materna del buio. Un garante che accende la luce, spezza la polvere dolce del proiettore nella notte. Non credo nelle rassicurazioni. Ciascun intento creativo troverà come primo ostacolo la ricerca di una rassicurazione, da parte di chiunque. Il primo che rassicura sarà investigato come nucleo. Ed è lì che comincia la fine. La stessa fine di mutare una propria idea, un'idea profonda, perché chi ti rassicura la detesta. È terribile.
Non credo così nelle regole assolute. Nei decaloghi, nei programmi confezionati per ottimizzare al meglio un proprio scopo o sogno. Se si scrive per qualcosa di esterno al procedimento e all'intimità dell'atto, si infrange il cristallo, ci si allacciano le stringhe ma non si corre più. La maggior parte degli scopi e dei sogni che mi attraversano, poi mi oltrepassano, lasciando spazio ad altri scopi e ad altri sogni, che come corvi cercheranno di dirottare e di pianificare i miei programmi di volo, per poi mutarsi all'infinito, spruzzando pomata di guano nel cielo e negli occhi.
È bello scrivere verso sera, con le voci un po'stanche dal balcone aperto, i passi delle donne, le ultime rullate dei canarini sassoni. Verso sera la luce diminuisce e c'è disordine, un clima impreciso, imperfetto, con un filo di pioggia negli occhi. Avanzano le ombre sulle case e nei cuori di chi ama.
La perfezione ha le mani sporche. Quella troppo cercata o peggio ricercata per un ascolto certo. Se voglio essere davvero ascoltato, debbo imparare a tacere. Ad ascoltare. Molti vogliono parlare senza imparare a tacere. Senza affinarsi nella creatività dell'ascolto. L'ascolto e la lettura sono scrittura. Più importanti e puri di una scrittura nevrotizzata dal sogno, dal movente, dal bisogno. Leggere è creare, mutare, crescere, chiavare con la propria vita, come quando si guarda il cielo da un campo aperto. Le lucciole azzurre in una siepe, una coscia di donna in uno stivale rosso.
Non credo così nelle regole assolute. Nei decaloghi, nei programmi confezionati per ottimizzare al meglio un proprio scopo o sogno. Se si scrive per qualcosa di esterno al procedimento e all'intimità dell'atto, si infrange il cristallo, ci si allacciano le stringhe ma non si corre più. La maggior parte degli scopi e dei sogni che mi attraversano, poi mi oltrepassano, lasciando spazio ad altri scopi e ad altri sogni, che come corvi cercheranno di dirottare e di pianificare i miei programmi di volo, per poi mutarsi all'infinito, spruzzando pomata di guano nel cielo e negli occhi.
È bello scrivere verso sera, con le voci un po'stanche dal balcone aperto, i passi delle donne, le ultime rullate dei canarini sassoni. Verso sera la luce diminuisce e c'è disordine, un clima impreciso, imperfetto, con un filo di pioggia negli occhi. Avanzano le ombre sulle case e nei cuori di chi ama.
La perfezione ha le mani sporche. Quella troppo cercata o peggio ricercata per un ascolto certo. Se voglio essere davvero ascoltato, debbo imparare a tacere. Ad ascoltare. Molti vogliono parlare senza imparare a tacere. Senza affinarsi nella creatività dell'ascolto. L'ascolto e la lettura sono scrittura. Più importanti e puri di una scrittura nevrotizzata dal sogno, dal movente, dal bisogno. Leggere è creare, mutare, crescere, chiavare con la propria vita, come quando si guarda il cielo da un campo aperto. Le lucciole azzurre in una siepe, una coscia di donna in uno stivale rosso.
Quante parole oggi? Quante più di ieri, o più di te? Che ti credi più forte, più bravo, più ginnico di me? E allora lo scopo e il sogno si riducono a misurare i tuoi segni, i piccoli traguardi quotidiani, cercando almeno di garantirsi i documenti in regola, il passaporto di scrittura e senza mai dirottare o ruttare a tavola. Il resto, quello che hai e che senti di dire, non conta. L'importante è stare in guardia. Scrittore sull'attenti, che sa bene quello che gli altri hanno bisogno di leggere, del linguaggio giusto per dare un senso alle parole scritte.
Il mio grande limite, e concludo, è quello di non farmi condizionare da quello che potrebbero pensare gli altri e quindi da quello che potrebbe piacere agli altri. Non ho mai amato cose che mi sono state confezionate all'occorrenza, preparate come un piatto preferito in un pranzo triste di compleanno. Credo invece che tutto quello che ho amato era nato per altri scopi, forse opposti alle ragioni oscure del mio amore, che è capitato per caso e senza ragioni.
Ecco perché scrivo tutti i giorni. Per le ragioni oscure di questo amore capitato per caso. Come tutti i grandi amori.
1 commenti:
Continua a scrivere, Luigi, perchè il tuo scrivere affascina e trascina lontano. Continua a prenderci per mano ed accompagnarci nella tua anima profonda e sensibile. E' proprio vero, quando la scrittura chiama è inevitabile non rispondere, senza stare a pensare cosà sarà o non sarà, perchè è già. Le mani scorrono sulla tastiera in preda all'ispirazione che è esigente e pretende di essere ascoltata.
Chi scrive lo sa e conosce bene il richiamo che ha la scrittura.
Giulia Madonna
Posta un commento