La rilettura di materiale accantonato da tempo, anche da anni, con la speranza di un resoconto che sveli qualche lato interessante di quello che si è fatto, o quella sorta di seme su cui intervenire, riserva il più delle volte qualcosa di a dir poco terrificante, e non esagero. Come nel sentirsi vittima di un equivoco percettivo, accade che quello che poi si credeva non è più stato; e forse mai sarà. Non solo quel passaggio, che sentivo fluire con una sua armonia, ma che di colpo diventa altro, un alternarsi di stenosi, di attriti, di cluster, ma anche quel grosso blocco di paragrafi, pagine su pagine di una densità nella quale mi sentivo forgiato e restituito all'ordine di una mia architettura mentre le scrivevo e che adesso sono solo un ammasso caotico di emozioni o peggio, di detriti del mio bagaglio emotivo in totale disfacimento. Un blocco di paragrafi massicci, che si sgretola allo sguardo come parti dell'intonaco di un vecchio muro, e insieme a lui il senso di quelle parole che adesso sembrano insetti, tarli che forano il legno delle vecchie pagine. In questo turbine di rimorsi è difficile valutare cosa ne sarà stato di quel tempo trascorso su quel passaggio e anche su quel grosso blocco di paragrafi, di periodi, di pagine, come di quei giorni della mia vita. Cosa ne sarà stato dell'impeto e della consapevolezza che mi portava a proseguire, pensando che quella strada sarebbe uscita in un altro punto, semmai ancora migliore di quello che sentivo allora, anziché in questo fossato, dove non entra più la luce e nemmeno un filo d'aria?
Questi resoconti dolorosi sono e saranno parte viva dello scrivere. Forse quella parte più vera e nutriente. Il continuo fallire, il ritrovarsi falliti oltre l'origine distorta di un disegno, di un confine, di una misura che si credevano quanto meno migliori, mentre adesso non hanno nulla di così buono da preservare, credo che sia la parte più profonda del viaggio. La più vera, penso.
Ma credo che in fondo, se così non fosse, se nei miei resoconti non mi accompagnasse questo implacabile tormento, forse nemmeno scriverei più.
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