Sono arrivato a pensare che sono alcune parole, per come sono espresse, che mi portano a constatare una strada, una certa linea di verità. Sono le parole, credo, con la loro eco, a farmi scegliere, decidere e resistere. Parole che non sempre si pongono come membrane da esplorare, ma necessitano di fiducia, di una sensazione che le renda vere del loro chiaro o del loro oscuro, inconfutabili, più per uno spasmo illogico e interno che per una scelta razionale. Eppure è da uno spasmo verbale e semantico che io raccolgo e costruisco un concetto, che ne faccio uso e anche abuso, che apparecchio una tavola già imbandita. Che lo dipingo a mio piacimento prima che sbiadisca o che mi avveleni del suo siero.
Forse l'origine dei segni che sento di più, anche se non tutti capiti e compresi, con la loro voce, l'autore che me li ricorda, ma che a volte svanisce e rimane sepolto dentro la tela, mentre il loro concetto è continua risonanza e dissolvenza. Potrei aver dato affidamento eccessivo a questi luoghi così particolari, preferendoli ad altri, più fisici, fattivi, esperienziali, creaturali? Quanta vita ha un segno? La mia formazione o deformazione sarà davvero fatta solo di segni o anche di altre luci, o forse di fatti che accompagnano e confermano la genuinità e la forza dei segni che ho ingoiato come aghi da sellaio?
Cresco in quello che ho creduto vero, perché sentito, raccontato e amato, e quindi divorato al buio. Si diventa così quello che si sente o che si ama ascoltare, spesso senza scelta, per un piccolo approdo sensibile e incosciente che ci risparmia dallo scagliarsi nel vuoto di un luogo diverso, troppo silenzioso e impalpabile per intrattenersi oltresera o nelle notti troppo stellate per la nausea dei cieli. Un luogo muto.
E se fosse da lì, invece, che dovrei ripartire e ricompattare il mio corredo? Da quello che non è provato, collaudato, glorificato da mie sensazioni o da chiara e indiscussa fama? Che non è tracciato e illustrato o codificato? Eppure anche le mie parole sono derivate da atti, da avvenimenti e da lunghi momenti di ascolti, molto intimi e ancora in corso, dove si delinea la speranza di comprendere e di crescere in una certa comprensione che mi appartenga e che mi scelga, di una certa possibile realtà parallela e meno venefica. Non penso di poter perdere per sempre le mie certezze, ma credo che sia possibile essere traditi da quello che si credeva il centro, il nucleo eletto, per misteriosi vortici affettivi, emozioni, rituali, abitudini, combinazione e casualità, che ci hanno fatto costruire la nostra casa in un punto preciso, sacrificando l'oceano di tante altre basi edificabili, e senza ascoltare la possibilità che potrebbe esserci anche dell'altro, ben nascosto, dove attingere una dose diversa di nutrimento. Imparare a cercare tra i segni la porzione di vita rimasta ancora pulsante e immaginare il tutto in continua dilatazione e riconversione a un nuovo nucleo inesplorato, che non sia frutto di fatti letti o scritti e sentiti, ma anche di cose sentite e non scritte né dette, captate e non troppo capite.
Cresco in quello che ho creduto vero, perché sentito, raccontato e amato, e quindi divorato al buio. Si diventa così quello che si sente o che si ama ascoltare, spesso senza scelta, per un piccolo approdo sensibile e incosciente che ci risparmia dallo scagliarsi nel vuoto di un luogo diverso, troppo silenzioso e impalpabile per intrattenersi oltresera o nelle notti troppo stellate per la nausea dei cieli. Un luogo muto.
E se fosse da lì, invece, che dovrei ripartire e ricompattare il mio corredo? Da quello che non è provato, collaudato, glorificato da mie sensazioni o da chiara e indiscussa fama? Che non è tracciato e illustrato o codificato? Eppure anche le mie parole sono derivate da atti, da avvenimenti e da lunghi momenti di ascolti, molto intimi e ancora in corso, dove si delinea la speranza di comprendere e di crescere in una certa comprensione che mi appartenga e che mi scelga, di una certa possibile realtà parallela e meno venefica. Non penso di poter perdere per sempre le mie certezze, ma credo che sia possibile essere traditi da quello che si credeva il centro, il nucleo eletto, per misteriosi vortici affettivi, emozioni, rituali, abitudini, combinazione e casualità, che ci hanno fatto costruire la nostra casa in un punto preciso, sacrificando l'oceano di tante altre basi edificabili, e senza ascoltare la possibilità che potrebbe esserci anche dell'altro, ben nascosto, dove attingere una dose diversa di nutrimento. Imparare a cercare tra i segni la porzione di vita rimasta ancora pulsante e immaginare il tutto in continua dilatazione e riconversione a un nuovo nucleo inesplorato, che non sia frutto di fatti letti o scritti e sentiti, ma anche di cose sentite e non scritte né dette, captate e non troppo capite.
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